Venerdì 19 Aprile 2024

L’eroismo delle persone normali Quando la vita ti chiede di scegliere

Il gesto della giornalista russa trasforma un’esistenza come tante. Ma a volte accade anche il percorso opposto

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di Pier Francesco

De Robertis

Marina Ovsyannikova è una persona normale, come tante. Come tutti. Impiego nella tv di stato russa, marito, figli. Casa, ufficio, supermercato. Ogni tanto una bella storia da raccontare ma niente di più. Un giorno però si accorge che la storia passa davanti ai suoi occhi, e che lei non può girarsi dall’altra parte. E ridà vigore alla storia vista e narrata mille volte, quella dell’eroe della strada, a sua stessa insaputa, quella di un’esistenza sospesa tra il bene e il male che la vita proietta in una o nell’altra dimensione. È la storia di Giorgio Ambrosoli, il liquidatore della Banca Privata Italiana che recandosi in ufficio tutte la mattine non avrebbe mai immaginato di trovarsi di fronte a un affare più grande di lui, quando capisce il pericolo non si fa da parte e con il suo rigore si consegna alla grinfie di Sindona diventando così l’eroe borghese che sappiamo. È la storia raccontata dal capolavoro di Antonio Tabucchi in Sostiene Pereira, dove il "dottor Pereira" è un anonimo giornalista che di fronte a un fatto di sangue prende coscienza dell’ingiustizia del regime salazarista e denunciando sul giornale i soprusi della dittatura compie un gesto di riscatto che neppure lui averva mai immaginato. "Pereira è grasso, timido, sfortunato, e forse anche un po’ vigliacco – spiega Tabucchi – fa un qualcosa che noi consideriamo eroico, ma che in fondo rappresenta solamente il suo dovere".

Ecco, Marina Ovsyannikova, Giorgio Ambrosoli, il dottor Pereira non sono dei rivoluzionari di professione, non sono Jan Palach, il patriota cecoslovacco che si dette fuoco a Praga e che in qualche modo nel suo impegno rivoluzionario mette in conto l’imprevisto, il martirio, ma sono gente che si trova a recitare in un palcoscenico che non ha scelto, e che però quando la vita chiama non chiede di scendere. Sono gli eroi della strada, come li chiama Tabucchi, l’esempio di quello che Pereira diceva di sé stesso: "Abbiamo varie anime dentro di noi, una confederazione che solo alla fine si pone sotto il controllo di un io egemone". Senza forse aver ancora compreso quale fosse l’io egemone che avrebbe preso il sopravvento.

Sono storie che interrogano tutti, perché tutti prima o poi hanno avuto un momento in cui avrebbero potuto, o dovuto, dire no. Tutti sono stati prima o poi il dottor Pereira, Giorgio Ambrosoli, Marina Ovsyannikova. O forse Gino Bartali che nel ’44 portava i dispacci per liberare gli ebrei nella canna della bicicletta ed è poi stato nominato "giusto tra le nazioni" da Israele, o Giorgio Perlasca o Oscar Schindler. Ecco, tutti loro, nel momento in cui la storia gli si è parata davanti hanno saputo da che parte stare. L’animo umano è un abisso, un confederazione di anime come dice Tabucchi, e spesso si va avanti senza sapere quale sia l’io egemone.

All’opposto non lo sapeva Kees Popinga, il protagonista di "L’uomo che guardava passare i treni" di Charles Simenon, un uomo così normale da andare tutti i giorni a "guardare passare i treni", e che per un fatto imprevisto diventa all’improvviso un assassino feroce, senza per questo perdere la flemma dell’impiegato modello, del borghese qualunque e che il suo "io egemone" al momento decisivo ha fatto sprofondare verso il basso, rovinandolo per sempre. E di storie come Popinga, la cronaca, la letteratura o il cinema ne hanno fornite un’infinità. Siamo pieni di Popinga. L’unica cosa che fa pendere la bilancia da una parte o dall’altra sono, sostiene Pereira, le ragioni del cuore. "Le ragioni del cuore sono le più importanti, questo i dieci comandamenti non lo dicono, ma glielo dico io".