Martedì 23 Aprile 2024

Legge Zan, no anche dalle lesbiche. "L’identità di genere deve restare"

Gramolini, presidente di Arcilesbica: "Non basta autodefinirsi donna per esserlo davvero"

Legge Zan, no da settori del movimento Lgbt

Legge Zan, no da settori del movimento Lgbt

Roma, 5 maggio 2021 - Non ci sono solo le critiche da destra. Anche settori del movimento Lgbt hanno grosse perplessità sul ddl Zan, come la presidente di Arcilesbica, Cristina Gramolini. Che mira non ad affossarlo, ma a modificarlo in alcuni punti chiave.

Ddl Zan, i dubbi: libertà di opinione a rischio

Al di là dell’impianto complessivo delle norme sull’omotransfobia, voi avete posto il problema dell’identità di genere citata nella legge. Perché?

"Specificare, come fa il ddl Zan, che l’identità di genere è “l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione“, significa aprire un varco all’autodefinizione legale di genere. Insomma, schematizzando, basta dichiararsi donna (o uomo) all’anagrafe per diventarlo. Ed è sbagliato".

Perché?

"Nuoce ai diritti delle donne, alle nostre poche quote, alle nostre poche pari opportunità, ai nostri sport subalterni che non possono essere ceduti al primo uomo che si alza un giorno e decide di dichiararsi femmina. Non si tratta di mie elucubrazioni: a denunciare certe storture nei paesi in cui si applicano versioni aperturiste delle norme sull’omotransfobia è il femminismo internazionale. Ci sono uomini autocertificati come donne che si candidano a rappresentare settori femminili dei partiti progressisti nei paesi anglosassoni. E c’è anche l’autrice di Harry Potter, J.K. Rowling, bersagliata di insulti perché ha detto ai trans “sono vostra alleata, ma non potete pretendere che io non senta la mia identità femminile diversa dalla vostra“".

È superflua una legge sull’omotransfobia?

"Affatto. La legge ci vuole. Ma deve garantire la protezione delle persone omosessuali e transessuali senza promuovere, ad esempio, l’utero in affitto che è vietato dalla legge italiana".

Cosa c’entra l’utero in affitto?

"Se io dico che l’utero in affitto non è un modo legittimo di diventare genitori, con la Zan potrei essere denunciata per omofobia. Si apre uno spiraglio alla maternità surrogata; non a caso, in Emilia-Romagna il governatore Bonaccini nella legge regionale contro l’omotransfobia ha messo una postilla finale: la Regione non finanzierà le associazioni che promuovono la surrogazione di maternità".

Queste critiche sono state mosse da molte femministe: perché sono state ignorate?

"Perché vogliono portarla a casa come un trofeo".

Parecchie femministe bocciano pure la scelta di considerare le donne alla stregua di una minoranza.

"Condivido le preoccupazioni di femministe storiche come Francesca Izzo sul rischio di considerare le donne come una minoranza da tutelare. È un errore di impostazione, meno pericoloso per me dei problemi legati all’identità di genere".

Infine c’è un nodo che si ripropone: il ddl può ledere la libertà d’espressione?

"Ciò che sto dicendo potrei dirlo se fosse approvata la Zan?".

Come se ne può uscire?

"Non si può blindare una legge quando una parte del movimento delle donne ti dice di no: è uno schiaffo in faccia al tuo elettorato. Bisogna sedersi attorno a un tavolo e trovare una mediazione. Neanche la Lega è contraria a priori a una legge. A me basterebbe pure che si mettessero due “fermo restando“ all’articolato Zan: fermo restando il divieto a promuovere la maternità surrogata previsto dalla legge 402004, e fermo restando la legge 16482 sulla transizione sessuale".