Mercoledì 17 Aprile 2024

Legge Zan: il centrodestra dice la sua. E i democratici vanno nel pallone

ll dilemma: andare o no in Aula. C’è chi vorrebbe trattare per cambiare il testo in Commissione

Una manifestante a un gay pride in una immagine d’archivio

Una manifestante a un gay pride in una immagine d’archivio

"Il centrodestra ha le idee chiare. Vuole affossare il ddl Zan. Ma noi? Siamo il partito di Fedez? Bene, allora si va in Aula, assumendosene tutti i rischi. Altrimenti si resta in commissione e si cerca di cambiare il testo della legge sull’omofobia. È Letta che deve prendere una decisione". Lo sfogo del senatore dem, per ora, è privo di risposte. La battaglia sul ddl Zan – approvato alla Camera a novembre del 2020 e parcheggiato al Senato in commissione Giustizia – ora si combatte nelle austere aule di palazzo Madama, dove, regolamenti in mano, tutto si complica, ovviamente.

Il centrodestra ha fatto la sua mossa, e con furba sagacia. Prima ha osteggiato la discussione del ddl, evitando di metterla all’ordine del giorno e rallentando i tempi, grazie al presidente di commissione, il leghista Andrea Ostellari. Ieri, il colpo di scena. Spunta una proposta di legge firmata "centrodestra di governo". Vuol dire che Lega e FI, ma senza Fd’I, hanno scritto un nuovo testo di lotta all’omofobia che archivia il ddl Zan, ma viene incontro ai dubbi di tanti. Il lavoro di ‘tessitrice’ è del ministro agli Affari regionali, l’azzurra Mariastella Gelmini, che assicura: "Non c’è un centrodestra contrario ai diritti degli omosessuali o su posizioni retrograde, ma c’è un centrodestra di governo". A stendere il testo – che affronta, soprattutto, il tema della libertà di espressione, "punto debole del ddl Zan" – è stata la senatrice di FI (e molto vicina alla Lega) Licia Ronzulli. La discussione riprenderà oggi, sempre in commissione Giustizia, da dove il presidente Ostellari annuncia un (lungo) iter di audizioni e del lavoro per ‘armonizzare’ i testi sia vecchi (Zan più altri quattro) che nuovi (Ronzulli).

E così Pd-M5s-LeU convocano febbrili riunioni: obiettivo unico, accelerare sul ddl Zan. La Cirinnà, paladina dei diritti Lgbtq, è scatenata e vuole andare in Aula "al più presto". I 5Stelle pure. Dalla Camera, Zan assicura: "I voti ci sono". Solo che, recita il brocardo, "senatores probi viri, Senatus mala bestia". Dato per scontato che l’unanimità, dentro la conferenza dei capigruppo non ci sarà, il trucco è presto detto: il regolamento del Senato permette a un decimo dei senatori di portare, direttamente in Aula, la "calendarizzazione urgente di un provvedimento". L’M5s ha raccolto già 40 firme, i 38 dem, più o meno, ci stanno. Ergo, è fatta? I numeri per ‘forzare’ il calendario in Aula ci sono, ma l’Aula può bocciarlo. "Se Iv vota col centrodestra, o si astiene, e senza sapere cosa fanno al Misto (sono ben 45, ndr), possiamo finire sotto", avvertono, cauti, dal Pd.

Il ddl Zan allora sarebbe morto? No. Si può chiedere una ri-calendarizzazione e avanti così, all’infinito. Ma anche se il fronte dei fautori del fronte "andiamo in Aula" vincessero la battaglia sul calendario, rischiano di perdere la guerra: senza un relatore, con voti sui singoli emendamenti, l’Aula diventerebbe un Vietnam: il ddl Zan può uscirne stravolto. Inoltre, la maggioranza di governo ne uscirebbe di certo a pezzi, con Lega e FI da una parte, Pd-M5s-LeU dall’altra e l’incognita perenne di Iv e del Misto. E, dunque, ‘che fare’?

I senatori hanno chiesto al segretario Pd di venire al Senato e capire la ‘linea’ (Letta ci sarà martedì), ma una parte dei dem vorrebbe interloquire, in prima battuta, con il centrodestra sui punti più controversi dello Zan e stralciarne delle parti. "Siamo il partito di Fedez o siamo un partito?", geme un Pd.