Mercoledì 24 Aprile 2024

Legale o no, l’orario non è tema d’Europa

Gabriele

Canè

Non abbiamo un esercito comune. E neppure un fisco omogeneo. Non parliamo poi della (non) politica estera. Non abbiamo neppure i vaccini: a differenza degli Stati Uniti, della Cina, del Regno Unito, dell’India, che li producono; l’Europa al massimo li compera, e a volte la fregano pure. Per fortuna abbiamo la moneta unica, e molte altre cose positive. Tra cui la stessa ora; sei mesi solare, e altrettanti legale. Presto, forse, non avremo più neanche questa. Anzi, stanotte potrebbe essere l’ultima volta che mettiamo le lancette in avanti perché, come noto, l’Ue ha deciso in base a un misterioso sondaggio che è meglio affidarsi tutto l’anno ai movimenti del sole.

In realtà, proprio deciso non lo ha. Lo deciderà, semmai, perché non tutti sono d’accordo. I paesi del Nord in estate hanno fin troppa luce, e non vogliono l’ora legale. Parigi, invece, la vorrebbe sempre. Noi siamo per lasciare le cose come stanno, e forse è la cosa più giusta, equilibrata. Il problema vero, però, è diverso, cioè sempre lo stesso: mettere d’accordo 27 Paesi con gli attuali meccanismi di (non) governance è praticamente impossibile, che si tratti di introdurre una legge fallimentare uguale per tutti, del calibro degli zucchini o dell’ora legale. Tanto che neppure su dossier drammatici come la pandemia riusciamo ad andare di conserva, come si è visto anche giovedi al semi fallito vertice europeo. Allora, visto che senza dubbio è meglio impiegare le proprie energie per trovare e distribuire vaccini, proviamo a esprimere una opinione di buon senso sul problema dell’ora: la Ue si concentri su altro, che all’ora ognuno può pensare per proprio conto senza minare le fondamenta del trattato di Roma. Al massimo ci sarà da rimettere a posto gli oroligi di 60 minuti da una capitale all’altra. Possiamo farcela. In America, tra New York e Los Angeles ce ne sono 180. Eppure se la cavano. In molti casi meglio di chi viaggia in ordine sparso, ma alla stessa ora.