Piero
Fachin
Marisa, Giulia, le altre. Sono 79 le donne uccise in questo 2023 dal compagno, dal marito, dall’ex fidanzato. Guardi le loro foto, ti informi sulle loro storie e non te ne fai una ragione. Non riesci a capire come possano essere cadute in trappola. Non andate all’appuntamento chiarificatore, continuano a ripetere i responsabili del centri antiviolenza, i magistrati e chi si occupa di stalking e di violenza di genere.
Eppure Marisa, Giulia e le altre all’appuntamento ci sono andate. Perché lo hanno fatto? Si sono consegnate ai loro carnefici – dicono gli esperti – nella speranza di disinnescare la rabbia e la prepotenza dei maschi che le stavano tormentando. "Se fingo di dargli retta si calma per un po’", raccontano le donne vessate, umiliate, picchiate. "Se non gli obbedisco penso che possa fare male anche ai miei figli", riferiscono in lacrime quando trovano la forza di presentare denuncia alle forze dell’ordine.
Si sono consegnate ai loro carnefici perché, in fondo, credevano di non avere alternative praticabili di fronte alla furia e al sadismo.
E allora sì, giusto e anzi giustissimo non presentarsi mai all’appuntamento chiarificatore. Ma forse, forse, la via della salvezza deve essere imboccata molto tempo prima, con l’aiuto di tutti, di una comunità attenta e di istituzioni finalmente non paralizzate, lente, goffe in ogni decisione. Prima, in questo caso, vuol dire alla prima risposta scomposta, al primo insulto, alla prima manifestazione di violenza anche solo verbale. Andarsene, in quel momento, può essere provvidenziale. A una condizione. Che le donne non restino sole. Perché è dovere di tutti, degli amici, dei colleghi di lavoro, dei parenti, di ciascuno di noi, intercettare i segnali di rapporti tossici e far interrompere ogni tentativo di minaccia o di persecuzione. Aspettare, traccheggiare, prendere tempo non è la soluzione. È una scelta sbagliata, estremamente pericolosa.