Giovedì 18 Aprile 2024

Le spiagge fanno gola a cinesi e russi. "I gestori dovranno unire le forze"

Il futuro degli stabilimenti dopo la sentenza del Consiglio di Stato. "Il mercato è molto appetibile"

Le spiagge in Italia

Le spiagge in Italia

Che ne sarà dei nostri lidi dopo il 2023? Parleranno in russo, in cinese, o ancora in toscano e romagnolo? Mentre infuria la polemica politica sulla decisione del Consiglio di Stato (niente proroghe alla Bolkestein: entro due anni tutte le concessioni balneari andranno a bando), sui lungomari italiani ormai deserti, da Viareggio a Cesenatico, dal Cilento a Grado, il tema è già capire se, quando la gestione delle spiagge finirà all’asta come impone l’Europa, non spunterà a comprarle un fondo russo (è già avvenuto, pare, al Bagno Royal di Forte dei Marmi), una catena di resort cinesi, un franchising americano.

"Difficile dire cosa accadrà, non abbiamo precedenti", frena Carlo Stagnaro, direttore ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni di Torino. Che però mette da parte gli scenari più catastrofici: "Mi pare realisticamente difficile – ragiona –, che anche di fronte a gare effettivamente competitive ci possa essere uno stravolgimento del nostro modello di industria turistica. Per gli altri settori liberalizzati, in fondo non è successo".

Con un accento, soprattutto, sui tanto temuti squali d’oriente: "Tenderei a evitare la schematizzazione per cui piccolo è italiano e grande è straniero – avverte Stagnaro –. E non mi stupirei, anzi, nel vedere i gestori italiani approfittare dei bandi per investire e strutturare la propria offerta, differenziandola e arricchendola, come è avvenuto per gli hotel, passando da una conduzione familiare a una struttura regionale o magari nazionale".

E i prezzi, lieviteranno? L’economista non crede: "Chiunque sarà il proprietario – ipotizza – si attuerebbero economia di scala, dunque comunque un risparmio". C’è piuttosto da capire "come si deciderà di valorizzare strutture ed esperienze già acquisite dagli attuali gestori".

Luca Dondi Dall’Orologio, ad di Nomisma, immagina da questo punto di vista un futuro non lontano in cui le realtà attuali possano consorziarsi per riottenere le concessioni "a salvaguardia delle posizioni e delle competenze acquisite, e delle caratteristiche di una costa, quella romagnola, ma anche quella toscana, che hanno un’identità forte e non sono una semplice successione di attività di gestione". Certo, mette però in guardia Dondi, "il passaggio dovrà essere concepito con la dovuta gradualità" perché, ammette: "Si tratta ad oggi comunque di un salto nel vuoto".

Una situazione di rottura in cui il rischio dell’ingresso di capitali stranieri e di investitori speculativi è comunque presente. Da qui il campanello d’allarme dell’ad della società di ricerca bolognese: "Il mercato delle nostre spiagge – considera infatti Dondi Dall’Orologio – è appetibile. E da salvaguardare, oltre alle imprese esistenti, c’è anche un modello economico e sociale il cui valore va ben al di là del mero giro d’affari". E poi ci sono "un tessuto urbano e la sicurezza di una piena accessibilità e fruizione di un bene pubblico". Dunque: "Capisco bene le preoccupazioni, e non vanno sottovalutate". Su una cosa entrambi gli analisti concordano: non si poteva credere che tutto potesse davvero rimanere fermo, immutato, congelato fino al 2033. Un equilibrio precario e anomalo, una concessione perpetua che limita la concorrenza a chi ne è fuori ma non concede neppure la tranquillità d’impresa a chi da decenni investe sulle spiagge. Come la famiglia di Simone Battistoni, vicepresidente nazionale del Sib, l’associazione dei bagnini di Confcommercio, che a Cesenatico da un secolo gestisce il bagno Milano. Battistoni ammette senza giri di parole quanto la sentenza del Consiglio di Stato abbia tolto il sonno a troppi imprenditori balneari in Italia. "Un macigno per le nostre imprese – si infervora –. Un esproprio che mira a eliminare le conduzioni familiari" e ammicca "ai tanti fondi d’investimento, alle società tedesche e ai capitali cinesi, francesi o di altri Paesi che da anni mirano a piantare l’ombrellone sulle nostre spiagge, per poi affittarcelo a 40 euro al giorno". Ed ecco completo lo spettro delle ipotesi. A cui guarda la toscana Piombino, alla quale lo scorso marzo l’Antitrust e poi il Tar avevano già bocciato la proroga delle concessioni balneari, proprio in funzione della Bolkestein. Sembrava un caso isolato, quasi un’ingiustizia, e invece era uno spoiler.