Giovedì 25 Aprile 2024

Le scorte di vaccino stanno già finendo Ma l’Italia non rinuncerà al richiamo

Bocciata l’ipotesi di iniettare solo la prima fiala: garantirebbe una copertura parziale. La Campania ferma le somministrazioni

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di Alessandro Malpelo

Nella lotta alla pandemia pesa come un macigno l’assillo del tempo: occorre fare in fretta, tagliare il traguardo dell’immunità di gregge nel più breve tempo possibile per rimettere in moto l’economia e scongiurare il tracollo. Ieri sera risultavano erogate in Italia 600mila dosi di vaccino anti Covid (598.798 per la precisione) su poco più di 900mila recapitate ai distretti. Nella corsa alle immunizzazioni è in testa la Campania, che ha somministrato l’89,5% delle dosi ricevute, seguita da Veneto (81,8%), Toscana (79,9%), Umbria (79,6%) e Sicilia (74,5%). Fanalino di coda la provincia autonoma di Bolzano (34,8%), la Lombardia (38%) e la Calabria (39,3%).

"La vaccinazione qui ora si ferma, perché le scorte consegnate alle nostre aziende sanitarie sono quasi esaurite", tuona da Napoli il presidente della Regione, Vincenzo De Luca. "Giustamente il governatore campano lancia l’allarme – replica a caldo il commissario per l’emergenza Domenico Arcuri – ma se il modello distributivo Pfizer funzionerà, e io non ho dubbi, De Luca riceverà domani (oggi per chi legge, ndr) le nuove dosi".

Le fiale per la profilassi sono contingentate, in questa fase di avviamento. Da qui l’idea, lanciata dalle autorità del Regno Unito, di dilatare i tempi del richiamo (dovrebbero essere 3-4 settimane dopo la prima iniezione) in modo da recuperare dosi per trattare un maggior numero di persone, ma questo espediente conferisce una protezione solo parziale, al 60% anziché al 90%.

In Italia resta, al momento, l’indicazione di chiudere il ciclo del vaccino Pfizer-BioNTech dopo 21 giorni dal primo appuntamento, per avere il massimo grado di protezione. Lo ha confermato Luca Richeldi, presidente della Società italiana di pneumologia e componente del Comitato tecnico scientifico. L’orientamento recepisce le raccomandazioni dell’Aifa e dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema). Anche l’Oms è prudente, l’intervallo tra due dosi si può portare fino a sei settimane "solo in casi eccezionali, per forniture carenti o in presenza di grossi focolai di Sars-Cov-2".

Entro fine marzo saranno vaccinati 6 milioni di italiani, in virtù dei contratti aggiuntivi sottoscritti dalla Ue con Pfizer e Moderna, "l’Italia otterrà 60 milioni di dosi da questi due produttori – ha aggiunto Arcuri - potremo vaccinare così 30 milioni di italiani". Per vedere gli effetti della profilassi occorre coprire il 20-30% della popolazione, mentre l’immunità di gregge si ottiene con il 70-80%. Per questo il commissario ribadisce che l’intenzione del governo è di vaccinare tutti gli italiani che lo vorranno entro l’autunno. In attesa del via libera al vaccino AstraZeneca, atteso a fine gennaio, si procede con le fiale di Pfizer e Moderna, mantenendo sempre le note restrizioni.

I medici di famiglia intanto si preparano a fare la loro parte in vista della seconda fase della campagna vaccinale, da febbraio, che dovrà coinvolgere ultraottantenni e soggetti fragili. A livello nazionale, afferma Silvestro Scotti, segretario Fimmg, "i medici di famiglia sarebbero in grado di poter vaccinare dagli 8 ai 16 milioni di italiani nell’arco di due mesi". Un algoritmo aiuterà a individuare i casi a rischio cui dare la priorità per la vaccinazione anti Covid, priorità calcolata in base all’età e alla presenza di una o più malattie. Anche il ministro per la Salute Speranza, che ieri ha incontrato i medici di base, ha confermato che scenderanno in campo, insieme con i pediatri di liebra scelta, una volta che ci saranno le scorte di vaccini.