Mercoledì 24 Aprile 2024

Le leggi-spot non risolvono il problema

Antonio

Troise

Ormai è diventata quasi una moda. Fra gli anni ‘70 e gli ‘80 era stato il sindacato a rilanciare lo slogan "lavorare meno per lavorare tutti", chiedendo una drastica riduzione della settimana lavorativa. Ma ora, nel post Covid, il dibattito ha ripreso quota. Con l’obiettivo, dichiarato, di arrivare a una settimana lavorativa di 4 giorni. Come dire, poco più della metà dedicata al lavoro e resto al riposo. In Inghilterra il dibattito è già stato aperto con tanto di proposte di legge. In Germania è sceso in campo il potente sindacato dei metalmeccanici che aveva già chiesto la riduzione dell’orario settimanale a 30 ore. La Spagna si è allineata. La Francia vorrebbe fare altrettanto. E in Finlandia la proposta dei 4 giorni sta spopolando.

Tutto bene, se non fosse che questi progetti rischiano di diventare leggi di bandiera mosse più dal vento dell’ideologia che da quello del mercato. È difficile immaginare che i datori di lavoro oggi alle prese con la più grave crisi economica del dopoguerra possono ridurre l’orario mantenendo inalterati salari. Ed è altrettanto utopistico immaginare che gli stessi lavoratori, spesso con contratti precari e stipendi da fame (chiedere ai rider), rinuncino in nome di una legge bandiera a lavorare un po’ di più per arrotondare lo stipendio e arrivare a fine mese. Insomma, più che farsi conquistare dai facili slogan, occorrerebbe pensare a strumenti innovativi e a riforme vere per affrontare ila disoccupazione e soprattutto un mercato del lavoro rivoluzionato dalle innovazioni 4.0.