Venerdì 19 Aprile 2024

Le larghe intese vanno in frantumi al Senato

Centrodestra e Italia Viva votano contro il governo. Palazzo Chigi: pronti al confronto. Sullo sfondo, la partita per il Quirinale

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di Antonella Coppari

Il tempo delle larghe intese si sta esaurendo. Almeno a giudicare da ciò che è accaduto in Senato. Dove il governo ieri è andato sotto due volte sul decreto che aumenta le capienze nei luoghi di cultura e di sport: solo la scelta di rimettersi al parere dell’aula ha evitato il terzo strappo. Malgrado il parere negativo dell’esecutivo Lega, Forza Italia e Italia viva hanno approvato con Fd’I un emendamento sui bus turistici (possibilità di riempirli al 100%) e un altro sull’età pensionabile per i dirigenti delle Asl (sale a 68 anni). Per poi far ottenere il disco verde alla richiesta del Carroccio di vincolare i fondi di asilo ai rifugiati per l’Afghanistan solo a chi proviene da lì, malgrado la contrarietà della parte sinistra della maggioranza. A votare contro l’esecutivo anche Salvini e la ministra Erika Stefani. Apriti cielo: le tre capigruppo Castellone (M5s), Malpezzi (Pd) e De Petris (LeU) ripetono con identici toni, furiosi ed esasperati, che "così non si può andare avanti, Iv e centrodestra dicano se appoggiano ancora Draghi. Bisogna chiarire come si deve stare in maggioranza". E il ministro Patuanelli sbotta: "Renzi vuole un’altra crisi".

Ribolle la coalizione di governo (scintille anche sul nuovo assegno unico per gli stranieri), ma Palazzo Chigi minimizza: normale dialettica parlamentare. Che però viene monitorata: un conto sono emendamenti marginali al dl capienze, un altro se l’exploit si dovesse ripetere sulla manovra che al Senato ha esordito con uno scontro sul relatore a sinistra. Il Pd indica Errani (LeU), M5s vorrebbe un grillino. Di qui la disponibilità di Draghi al confronto chiesto d M5s, magari la prossima settimana.

A via Bellerio i salviniani se la ridono: "Abbiamo dato una lezione a Speranza", mentre dal fortino renziano smontano le insinuazioni: "Non siamo timidi – assicura Ettore Rosato – se avessimo voluto lanciare un segnale lo avremmo fatto chiaramente". Se si intendeva colpire qualcuno – la chiosa – si trattava casomai del ministro dei Rapporti con il parlamento, D’Incà, reo di concordare gli emendamenti solo con Pd e 5stelle. Difficile credere che il Matteo fiorentino, al pari di quello milanese, non fosse consapevole del colpo che stava sferrando. Non è detto che abbia un progetto preciso in mente, ma mira a scompaginare il quadro in vista dello scontro sul Colle. In realtà, a incidere su quella partita più che le manovre di questo o quel partito è proprio lo sfaldamento della maggioranza. Se si diffondesse la convinzione che non è più in grado di reggere, ogni ostacolo all’elezione di Mario Draghi verrebbe a cadere. Tanto più che prima di lanciarsi in una guerra di tutti contro tutti, i leader punterebbero probabilmente sull’unico candidato condiviso in questo momento: Mario Draghi. A quel punto le elezioni non sarebbero l’unica opzione. Letta cercherebbe di uscire dal caos con una maggioranza Ursula, Renzi giocherebbe le sue carte e la confusione di ieri al Senato apparirebbe retrospettivamente solo come un annuncio del quadro caotico in cui il paese potrebbe trovarsi a febbraio.