Mercoledì 24 Aprile 2024

Le grane di partito affossano Pd e 5 Stelle. Governo sempre più a trazione centrodestra

Lega e Forza Italia si muovono compatti. E il presidente del Consiglio affida i compiti importanti a Giorgetti, numero due di Salvini

Giancarlo. Giorgetti, 54 anni, con il premier Mario Draghi, 73 anni

Giancarlo. Giorgetti, 54 anni, con il premier Mario Draghi, 73 anni

Roma, 6 marzo 2021 - Un incubo travaglia i sonni del Pd: il terrore che Draghi favorisca la destra. Che diventi strada facendo il premier di Salvini. Che il suo governo faccia risorgere Forza Italia. Con il risultato che alle prossime elezioni gli avversari della sinistra vinceranno a mani basse. Per quanto provino a scacciare questi fantasmi, nel partito sono tutti in allarme. Si percepisce chiaramente dalle parole del capo dei deputati, Graziano Delrio: "Non credo che questo esecutivo abbia una propensione a svoltare a destra, l’agenda è la nostra, il suo programma è fortemente orientato ai nostri principi". Ed emerge la stessa preoccupazione tra i senatori che dicono: "Stiamo dando partita vinta alle destre"

Naturalmente le dimissioni di Zingaretti complicano la situazione. Ma all’origine – secondo il Nazareno – ci sarebbe la scelta dell’ex governatore della Bce di fare due esecutivi in uno. Quello che fa capo a lui, ai suoi tecnici e al leghista Giorgetti – capo del Mise – che si occupa delle cose che contano. L’altro, con i reduci del Conte bis, relegato a compiti di serie B. Succede così – a sentire il Pd – che il numero due del Carroccio gestisca grosse crisi aziendali, convochi Farmindustria sollecitando la produzione di vaccini in casa; svolga in soldoni un’efficace attività di governo. Una narrazione che forse serve per lenire le ferite, ma che non è del tutto vera. Anzi: "In realtà noi ci stiamo guardando l’ombelico", ammette un alto dirigente democratico. Tra le contraddizioni s’insinua Maurizio Gasparri (FI) : " Draghi deve tener conto che noi siamo portatori di soluzioni, agli altri sono portatori di problemi". Il Pd, insomma, non fa nulla per dimostrare di essere uno dei pilastri dell’esecutivo, al contrario la Lega è puntuale nel cogliere le occasioni e nel mostrarsi quanto più solerte e collaborativa possibile, tanto che lo stesso Draghi in una telefonata con un amico pochi giorni fa si sarebbe detto positivamente colpito dal comportamento di Salvini.

Se manca la gamba sinistra, ciò dipende in larga parte dall’atteggiamento, almeno in questa fase iniziale, di Pd, LeU e Cinquestelle. Che sono arrivati nella nuova maggioranza animati soprattutto dal rimpianto per la fine traumatica del "loro governo", con la missione di garantire massima continuità con l’esperienza di quell’esecutivo. È una posizione comprensibile dopo lo choc provocato dalla caduta del Conte bis ma è anche poco difendibile e, alla lunga, controproducente. Un tasso elevato di discontinuità è inevitabile ed è ovvio che, come si è verificato nel caso Arcuri, se l’ex maggioranza diffonde la sensazione di aver subito un affronto, l’acqua finisce tutta nel mulino di chi discontinuità chiedeva da mesi, cioè della destra. Non a caso, nel suo tentativo di frenare questa deriva, Delrio avverte: "Una sostituzione giusta, serviva un cambio di passo".

Draghi, secondo Pd-M5s-LeU, dovrebbe orientare alcune delle sue scelte (prima fra tutti proprio la sostituzione dell’ex commissario), con l’obiettivo di mostrare non solo a parole continuità con il suo predecessore. Ma in una fase cosi difficile, in cui rapidità e drasticità vogliono dire quasi tutto, sottigliezze politiche del genere non sono consentite. Il compito di riequilibrare la situazione smettendo di consegnare, almeno sul piano dell’immagine se non sui contenuti, l’attuale governo alla destra insomma pesa tutte sulla spalle dei tre partiti di sinistra. Dalla loro capacità di proporsi, pur senza rinnegare il passato, come colonna del nuovo governo almeno quanto la Lega.