Giovedì 18 Aprile 2024

Le grandi manovre Coalizioni, migranti, tasse I due schieramenti scelgono l’usato sicuro

Centrosinistra e centrodestra sono alle prese con temi e problemi di sempre. Al voto mancano 50 giorni: un tempo che può permettere ancora di tutto

Bruno

Vespa

Mancano cinquanta giorni alle elezioni e si sa che in Italia cinquanta giorni sono un tempo sterminato in cui può accadere di tutto. Ma i simboli si presentano tra una settimana e le liste tra due. Quindi è adesso che bisogna fare i conti. Mettiamoci nei panni di Enrico Letta. Tutti i sondaggi – giusti o sbagliati che siano – prevedono per il centrodestra la maggioranza assoluta in entrambe le Camere.

Senza l’alleanza con Calenda, ci sarebbero le condizioni per un cappotto. E senza quella con Bonetti e Fratoianni il Pd rischia un cappottino, perché i due da soli mangerebbero larga parte del vantaggio assicurato dai centristi. Dunque l’alleanza a tutto campo è necessaria (se non salta all’ultimo momento) perché Verdi e Sinistra Italiana avrebbero dal Movimento 5 Stelle assai meno spazio di quello che può offrire il Pd. (Il problema semmai è la generosità di Letta: a San Martino restò metà mantello e i suoi cominciano a preoccuparsi…).

Se l’accordo del campo larghissimo serve ad arginare (ma quanto?) la prevedibile (a oggi) vittoria del centrodestra, altro sarebbe gestire una eventuale vittoria del centrosinistra. Si è molto discusso se questo ‘campo’ assomigli più all’Ulivo o all’Unione. Il primo aveva una compattezza che mancò alla seconda. L’alleanza con il solo Calenda porterebbe il Pd a una svolta moderata con qualche disagio alla sinistra interna, ma complessivamente gestibile. Quindi pseudo Ulivo. Con Fratoianni e Bonelli assomiglierebbe più all’Unione da-Mastella-a-Bertinotti che ebbe i problemi che conosciamo. L’ulteriore miracolo che dovrà fare Enrico Giobbe è costruire un programma che accontenti tutti senza essere poco credibile, ma la rissa a distanza di ieri tra Calenda e il duo Fratoianni Bonelli, oltre a mettere in pericolo l’alleanza, certifica l’enorme difficoltà di una presenza nello stesso governo.

A proposito di programmi, è molto interessante vedere quel che succede nel campo avverso. Qui Salvini e Berlusconi stanno giocando sull’usato sicuro. Il primo va a Lampedusa e rilancia l’attacco alla Fornero, la flat tax e la ‘pace fiscale’. Il secondo le pensioni minime a mille euro, le cure dentarie per gli anziani, la riduzione delle tasse e così via.

Del tutto diversa la campagna di Giorgia Meloni. Lei sa di avere allo stato ottime probabilità di diventare presidente del Consiglio e si muove come chi conosce gli enormi problemi che aspettano il successore di Mario Draghi. Difficilmente un centrosinistra perdente (e presumibilmente diviso) le darebbe la mano chiesta da un uomo avveduto come Guido Crosetto. Ma è giusto che – nel rispetto dei valori e dei programmi tradizionali – un nuovo, eventuale governo di centrodestra apra un paracadute economico e internazionale che garantisca il rigoroso rispetto del Pnrr portato avanti dal governo Draghi.

Fa benissimo la Meloni a non anticipare i nomi dei ministri (sarebbe sgarbato, se non altro, nei confronti del capo dello Stato). Ma se all’Economia fosse candidato, come si dice, Fabio Panetta, attuale membro del vertice della Banca centrale europea, le garanzie a tutto campo sarebbero molto forti. E altri bravi tecnici in un governo di forte matrice politica non guasterebbero…