Mercoledì 24 Aprile 2024

Le foto inedite di Saman In posa con la mamma e sui banchi di scuola Sognava una vita normale

Mostrate in tv le immagini recuperate dal cellulare del fidanzato: la giovane costretta a dividersi tra felpe e il velo islamico (solo in casa). Il desiderio di essere felice ha scatenato la ferocia della famiglia

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di Benedetta Salsi

REGGIO EMILIA

Guardatela Saman. Guardate quanto era felice, con le mani disegnate dal nome del fidanzato. Con la pancia scoperta, volteggiando sotto un portico, mentre si rifugia fra le braccia di Saqib, baciandolo come solo i ventenni sanno. Ricordano Prévert, ché i ragazzi che si amano si baciano in piedi, contro le porte della notte. E i passanti che passano li segnano a dito. Così è accaduto. Perché forse era troppo ingombrante quella felicità per passare inosservata. Dava fastidio a quella famiglia volata dal Pakistan a Novellara, nelle campagne reggiane; una famiglia mai integrata, che voleva solo obbligarla a sposare un cugino in Patria, come da tradizione, per allargare i propri possedimenti terrieri.

Ma nelle immagini che emergono, in onda su Quarto Grado, tra le pieghe del processo che vede genitori, zio e cugini alla sbarra per aver ucciso quella ragazza dagli occhi di cerbiatto, Saman appartiene a un altro mondo. Stiamo imparando a conoscerla attraverso le tracce che ha lasciato di sé, nel telefonino del suo amato o nei video che lei lanciava sui social. E ora sappiamo che Saman voleva studiare ed era orgogliosa di mandare a Saqib la foto che la ritraeva china sul banco della comunità di Bologna in cui è stata qualche tempo, seppur con la mascherina; addosso una felpa blu con la scritta ’fighter’, combattente. E lo è stata per davvero. Ha combattuto per la sua istruzione e per la libertà di amare. E lo ha fatto col coraggio e l’incoscienza della giovinezza, inconsapevole di andare incontro a un destino scritto in un costume contadino e brutale.

Saman ha combattuto come combattono le ragazze iraniane, contro la gestione patriarcale del proprio corpo, degli spazi pubblici, della propria immagine. Ha denunciato, più volte. E più volte ha chiesto aiuto. E lo ha fatto andando contro a tutto ciò che fino a quel giorno le era stato insegnato, ciò che le dicevano fosse giusto.

Stava studiando per prendere la patente, Saman. E quel manuale di guida lo teneva sempre con sé, lo ha portato anche in quella casa della Bassa in cui era tornata solo per riprendere i suoi documenti e andarsene; via, a pianificare il futuro col ragazzo che voleva sposare. A Saqib ha scritto l’ultimo messaggio su Instagram ("prendo i documenti e il 4 maggio vengo da te, prima passo il weekend qui con loro") mezz’ora prima di uscire sull’aia, nella notte del 30 aprile 2021. L’altra donna che appare con lei – entrambe in abiti tradizionali – nel filmato di videosorveglianza dell’azienda agricola in cui la famiglia Abbas lavorava e abitava è la stessa che l’ha messa al mondo. Scherzano, giocano a nascondino. Saman si è fidata di sua madre, comunque, fino all’ultimo. È stata quella la sua debolezza. Nazia le disse: "Torna a casa e si appianerà tutto". Ha combattuto fino a quel momento, Saman. Poi la donna più importante della sua vita l’ha condotta verso le serre. E lei non ha mai fatto ritorno.