
L’isola delle Pelagie rischia di diventare l’Ellis Island europea. Come alla fine del 1800 quel pezzo di terra americana divenne la porta d’ingresso per New York, così Lampedusa teme di essere trasformata nell’imbuto necessario all’Europa a smistare la moltitudine che arriva dall’Africa. Intanto l’hotspot è al collasso, e in Contrada Imbriacola, anche stanotte, si dorme a terra o su brandine accanto agli autobus che in mattinata condurranno altri 500 alle navi per i trasferimenti. Così quando si diffonde la notizia che per aumentare il numero dei posti dell’hotspot (accoglie 7-800 migranti, ma è pacifico che ce ne siano il doppio), si voglia allestire una tendopoli da 2000 posti, ecco che si scatena la rabbia.
I lampedusani bloccano l’incrocio tra via Vittorio Veneto e via Ariosto e i camion con viveri e acqua diretti ai volontari della Croce Rossa e dei Vigili del fuoco che lavorano a Cala Pisana. "Siamo disposti anche a gettarci sotto i camion per bloccare la tendopoli. Non abbiamo paura del questore, della Meloni, della Von der Leyen. Resteremo qui finché l’isola non verrà svuotata e bypassata affinché possa respirare e la popolazione possa essere tranquilla e non più martoriata", urla Giacomo Sferlazzo del movimento "Mediterraneo Pelagie" che incoraggia il blocco proprio mentre arriva la notizia di un’altra neonata morta. La piccola è nata durante la traversata ed è spirata tra le braccia della mamma ventenne, sul barchino. È la seconda in meno di due giorni.
Il sindaco leghista Attilio Lucia, fascia tricolore sulla t-shirt bianca, arringa i concittadini: "I lampedusani sono stanchi, basta! Non c’è più niente da dire, siamo stanchi di accogliere. Questa non è accoglienza, questa è una falsa accoglienza: non possono venire 200mila immigrati sull’isola". Poi, a beneficio delle telecamere, continua: "Si devono dimettere tutti". Deve intervenire il questore di Agrigento, Emanuele Ricifari a riportare la calma. Assicura che le tende serviranno per le forze dell’ordine, promette un confronto pubblico e invita i manifestanti a liberare la strada. "Non si tratta della creazione di una tendopoli, il nuovo hotspot è in fase di realizzazione a Porto Empedocle – spiega –. Lampedusa è stata esclusa totalmente dal prefetto per la nascita di nuove strutture d’accoglienza". Parole che spengono la tensione, ma vedremo oggi con l’arrivo di von der Leyen e della Meloni se le acque si sono calmate.
Rabbia e tensione, ma Lampedusa è un’isola a due facce. Da venti anni è un esempio di solidarietà e accoglienza. Anche in queste ore turbolente, immagini e racconti restituiscono il grande cuore dell’isola. Non solo la coppia dei ragazzi che si è lanciata con coraggio in acqua per salvare i migranti che rischiavano di affogare, ma i tanti lampedusani che aprono le loro case per accogliere e rifocillare gli afflitti che vengono dalle coste del Nord Africa e offrono loro tetto e cibo. Gesti semplici di cura e di amore verso chi aveva bisogno di aiuto. Antonello Malta, vigile del fuoco, si è trovato davanti una decina di ragazzi del Burkina Faso che chiedevano qualcosa da mangiare. "Uno di loro si è perfino inginocchiato. Erano stremati - racconta - Avanti ragazzi, tutti a casa mia a mangiare gli spaghetti". Giulia organizza invece una chat popolare su WhatsApp in cui chiede indumenti, scarpe e pappine per i bambini. E don Carmelo Rizzo il parroco di Lampedusa ha trasformato la ‘Casa della Fraternità’ in un ostello per migranti: "Sì, accogliamo una trentina di donne, cinquanta bambini e persone vulnerabili e disorientate. E distribuiamo cibo e le medicine elementari, che so, la tachipirina che qui sull’isola si trova con difficoltà".