Le donne e il maschilismo della politica

Frase infelice è stata quella di Enrico Letta rivolta a Giorgia Meloni, che con il suo nuovo modo di presentarsi per risultare credibile come leader di governo altro non starebbe facendo che "incipriarsi". Non perché non sia vero che Meloni stia cercando di mostrarsi per ciò che non è, ovvero una conservatrice, mentre in realtà è la leader di una destra populista. Ma per lo scivolone del termine "incipriarsi". È così radicato nella nostra cultura un certo modo di parlare delle donne che anche i più sensibili possono inciampare in un linguaggio che rivela antichi pregiudizi.

Tuttavia, è probabile che quello di Letta sia stato un inciampo davvero innocente, perché anche il segretario del Pd sa che Meloni, nella maschilista Italia, costituisce l’unico modello di leader politico donna. Una leader che a un certo punto, ancora giovane, ha saputo prendere in mano il proprio destino, rischiando e scommettendo sulla propria vocazione e la propria personalità. È talmente riuscita a imporsi sugli stereotipi che il fatto che sia donna non si può certo dire che oggi la danneggi. Ma gli stereotipi ancora colpiscono l’immagine e la percezione delle, peraltro poche, donne che nell’Italia politica hanno raggiunto visibilità. Come testimoniano le parole sgradevoli rivolte a Mara Carfagna e Mariastella Gelmini una volta uscite da Forza Italia. Né Carfagna né Gelmini, però, hanno mai mostrato quel profilo autonomo e sicuro esibito da Meloni. E anche questo le ha rese più vulnerabili al sessismo imperante. Dopo aver trovato il coraggio di lasciare finalmente il partito del padre padrone Berlusconi, e all’inizio di una nuova avventura politica, potrebbe forse essere l’occasione per loro di conquistarsi finalmente, con le buone o le cattive, un ruolo da protagoniste. Da troppo tempo Meloni è l’eccezione. In attesa che anche a sinistra le donne comincino a imparare cos’è la leadership.