Le campane suonano per le bombe La domenica a messa nei bunker

Il giorno di festa, in pieno conflitto, passato a piangere i caduti. Le preghiere di cattolici e ortodossi

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di Giovanni Rossi

Nell’Ucraina martoriata la prima domenica di guerra segna milioni di poveri cristi. Una colata di dolore, un avviso di morte. Tra resistenza e desolazione, nelle città e nei paesi le orecchie si tendono verso i campanili a cipolla. "Importante! Le campane delle chiese possono suonare allarmi in tutta l’Ucraina. Dopo aver sentito le campane, è necessario recarsi urgentemente ai rifugi", scrive il canale Telegram del Parlamento ucraino e rilancia il sito web Risu, l’agenzia di stampa religiosa di un Paese largamente ateo – per eredità post sovietica – ma cristiano nell’impronta e nello spirito. Una fede risorgente frammentata da astio interconfessionale e vocazione ancillare ai rispettivi poteri di riferimento. Dai vertici alla base. Incluse benedizioni di armi e soldati, secondo il guerresco rituale battezzato negli anni Novanta durante la mattanza jugoslava e poi rivisto in altri conflitti, dal Nagorno Karabakh al Donbass.

In questi giorni di aspersori gocciolanti via social e scioccanti sepolture dei caduti, le chiese cristiane ucraine pregano da separate in casa. Agli ortodossi largamente maggioritari (il 64% della popolazione religiosa, però diviso al suo interno tra fedeli al Patriarcato di Mosca e alla Chiesa autocefala di Kiev) si contrappongono i greco-cattolici di rito bizantino (tra il 10 e il 14% a seconda delle stime), caratterizzati da una forte impronta patriottica – smaccatamente nazionalista e di destra secondo la vulgata russa. Poi ci sono i cattolici romani – di antico legame polacco – concentrati specialmente nell’area di Leopoli (l’1,6%), e i protestanti (all’1,8%) parcellizzati tra battisti, pentecostali, luterani, avventisti del settimo giorno. Altra spia di disorientamento: in questo mosaico liturgico, l’8% della popolazione religiosa si dichiara cristiana per fede ma senza appartenenze confessionali.

Nella prima domenica di guerra i sacerdoti greco-cattolici scendono coi paramenti sacri nei sottoscala, nelle fermate delle metro, nei garage per celebrare la ‘divina liturgia’. Confessano e distribuiscono la comunione. Invitano tutti a prendere i sacramenti. "Fatelo tutti per coloro che non possono andare in chiesa, per i nostri soldati. Oggi la nostra vita è nelle loro mani", scandisce in un drammatico video Sua Beatitudine Sviatoslav Schevchuk, davanti a una tenda giallina per travisare il bunker dal quale, al coprifuoco, conforta i fedeli di rito bizantino riconoscenti il primato papale.

Monsignor Vasyl Tuchapets, esarca greco cattolico di Kharkiv, 30 km dal confine russo, dichiara all’agenzia Sir: "La nostra chiesa è sempre aperta. Le persone possono nascondersi qui durante gli attacchi o i bombardamenti. Abbiamo anche un tempio interno dove è possibile stare al sicuro durante i periodi di forte pressione". Obiettivo: "Aiutare spiritualmente le persone, sostenerle durante la guerra a preservare la pace interiore, la speranza e la fede".

In campo ortodosso l’imbarazzo si mescola all’incredulità, partorendo l’inedita convergenza dei litiganti pro Mosca e pro Kiev. Il metropolita Onuphry, rimasto nella capitale ucraina sotto l’autorità di Kirill, Patriarca di Mosca, definisce l’invasione dell’Ucraina "un disastro" e rivolgendosi direttamente al presidente russo Vladimir Putin lo scongiura "di fermare la guerra fratricida". Evocazione biblica: "I popoli ucraino e russo sono usciti dalla fonte battesimale del Dniepr, e la guerra tra questi popoli è una ripetizione del peccato di Caino. Tale guerra non ha alcuna giustificazione né da Dio né dagli uomini". Richiesta proattiva condivisa dal metropolita Epifanio I di Ucraina, leader del Patriarcato autocefalo di Kiev, legittimato tre anni fa da Bartolomeo di Costantinopoli anche per far pagare a Mosca la diserzione "al concilio panortodosso del 2016 – ricorda l’agenzia Nev –, il primo dopo quasi 1200 anni". Epifanio I invita gli ortodossi sedotti dal Cremlino a schierarsi per la pace: "L’aggressore deve sentire e vedere che non lo state aspettando e non avete bisogno delle sue truppe e del suo potere. È il dovere civico e cristiano di ognuno di voi". Un dialogo tra fratelli slavi armati.

Sua Beatitudine Sviatoslav, guida dei cattolici di rito bizantino, preferisce parlare al Paese profondo perfezionando l’alleanza con il presidente Volodymyr Zelensky: "In passato abbiamo dubitato delle istituzioni, ma abbiamo visto che il nostro governo ha superato la prova di forza e continua a superarla". Una benedizione. E una saldatura.