Le barriere a rischio crollo "Sono incollate col Vinavil"

Un dirigente intercettato ammette lavori al risparmio per i sistemi anti rumore. Frase choc anticipava nel 2018 la tragedia del Morandi: "I cavi sono corrosi"

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"È incollato col Vinavil". Parole di Lucio Ferretti Torricelli, responsabile opere d’arte di Spea, riferite alle barriere fonoassorbenti e rivolte a Michele Donferri Mitelli e Paolo Berti, i due ex manager di Autostrade finiti ieri agli arresti domiciliari. E lo zittisce Donferri: "Hai parlato troppo". Frasi che fanno venire i brividi. E che, per il gip della Procura genovese, dimostrano "la consapevolezza della difettosità" di quelle barriere che il vento rischiava di strappare via e trasformare in armi letali per gli inconsapevole automobilisti in transito. Qualche pezzo era venuto via davvero, fra novembre 2016 e gennaio 2017 su due viadotti della A12 Genova-Sestri Levante, altri cedettero sulla A14. Frasi inquietanti, non le uniche, nell’inchiesta ’costola’ di quella sul crollo del ponte Morandi, arrivata alle misure cautelari per i vertici di Autostrade.

Conversazioni registrate nell’ufficio di Donferri Militelli, nella sede Aspi di Roma, nelle quali il dirigente di Spea insiste: la resina utilizzata per gli ancoraggi sarebbe difettosa e inefficace, come Vinavil appunto, per rendere stabili quelle barriere fonoassorbenti che non rispondevano ai requisiti di norma. Nell’ordinanza, il gip è netto: "Emerge la consapevolezza da parte dei dirigenti di Aspi, fin dai primi mesi del 2017, della difettosità delle barriere e della assoluta inidoneità delle stesse a resistere all’azione del vento", scrive il magistrato.

Bisogna intervenire, quindi, ma anche risparmiare. "Se io devo fa’ 400 km non è la soluzione, sono circa un centinaio di milioni di euro", dice Donferri, che ragiona "in una logica aziendale". La sua soluzione? La spiega il gip: abbassare la parte superiore in modo da ridurre la superficie e quindi l’effetto del vento. "Quante sono le ribaltine scese – chiede Donferri – e quanti i Comuni che hanno rotto il c…?". E poi, ridendo: "Gliele abbiamo ritirate su e ci siamo inventati il criterio della manutenzione". Per il giudice dunque il pericolo delle barriere è rimasto e la loro efficacia si è ridotta. E da brividi, rilette oggi, le parole di Donferri a Paolo Berti un mese e mezzo prima del crollo del viadotto Morandi: "I cavi sono corrosi...". E a Berti, condannato per la strage del bus precipitato da un viadotto dell’A16 nel luglio 2013, dice anche: "Quarantré morti de là (il Morandi, ndr), quaranta de qua. Stamo tutti sulla stessa barca".

Il metodo insomma sarebbe stato quello di nascondere e minimizzare i problemi, massimizzare i profitti riducendo i costi. Un metodo, secondo il magistrato, di cui l’ex ad Giovanni Castellucci non era ignaro. Una "personalità spregiudicata e incurante del rispetto delle regole, ispirata a una logica commerciale e personalistica, anche a scapito della sicurezza collettiva", è il ritratto fatto nell’ordinanza di custodia cautelare. Sottolineando che "era costantemente informato sulle decisioni per la gestione delle barriere, che ha pienamente avallato e sostenuto". La sua uscita dal gruppo, poi, non avrebbe impedito a Castellucci "di influenzare le dinamiche societarie e di ricercare ruoli di vertice in altre rilevanti compagini societarie, come Alitalia, con il rischio di reiterazione di analoghe condotte criminose".

Emanuela Rosi