Mercoledì 24 Aprile 2024

L’avvocato italiano a Doha: "Qui nessuno parla di tangenti e corruzione"

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Da un mese nel cuore di Doha, dove ha aperto un ‘temporary office’ trasferendo il know-how del suo studio di diritto sportivo direttamente negli stadi del Mondiale, l’avvocato bolognese Mattia Grassani racconta com’è il Qatargate visto da Doha.

Grassani, in Qatar che percezione c’è dello scandalo che scuote l’Europarlamento?

"Non c’è alcuna percezione di corruttele, mazzette o scorciatoie più o meno illecite: semplicemente non se ne parla. Siamo di fronte a uno scandalo molto grande. Ma sui giornali, negli hotel, al ristorante, nelle sedi Fifa non c’è traccia di tutto ciò".

La spiegazione più logica?

"Il non parlarne è il frutto di una precisa volontà. Ci sono regole del gioco a cui chi è qui deve sottostare: i cittadini del Qatar, gli organizzatori del Mondiale, i lavoratori degli altri Paesi che hanno costruito gli stadi e noi ospiti. Del resto, a proposito di corruzione, non si parla nemmeno del modo in cui il Qatar nel 2010 ottenne i Mondiali, né degli arresti dei membri Fifa negli anni successivi".

Silenzio di Stato?

"Diciamo che nulla deve scalfire l’immagine di Paese emergente e perfetto che si vuole trasmettere".

Ma le mazzette restano. E i diritti fondamentali negati pure.

"Il Qatar oggi vuole colmare il gap che lo separa dagli Emirati Arabi Uniti, con cui c’è una storica rivalità. Ha molti anni di ritardo e tutto e subito non si può ottenere: vale per l’organizzazione di un Mondiale come per il riconoscimento dei diritti delle donne. In più qui c’è una percezione molto soggettiva del lecito e dell’illecito: se fa comodo a tutti si rispettano le regole, ma se il governo ha un obiettivo il raggiungimento di quell’obiettivo viene prima delle regole".

Massimo Vitali