Mercoledì 24 Aprile 2024

Lavoro giusto, lavoro decente I nuovi modelli

Valerio

Baroncini

Abbiamo parlato molto di lavoro (che c’è o non c’è), giovani (che dicono a volte no, ma non per questo sono in automatico bamboccioni), salari bassi e imprenditori che non trovano dipendenti per il loro processo produttivo. Sembrano fenomeni in contraddizione, invece sono facce della stessa medaglia. L’economista Stefano Zamagni l’ha spiegato egregiamente: il lavoro umano ha due dimensioni, una acquisitiva e una espressiva. Cerco di spiegare meglio. In quella acquisitiva l’uomo lavora per acquisire il potere d’acquisto con cui soddisfare le proprie necessità. E a questa dimensione corrisponde il concetto di lavoro giusto, la battaglia che ha coinvolto movimenti e operai, dall’Ottocento a oggi. Dell’altra dimensione, quella espressiva, invece ci si dimentica spesso. L’uomo esprime un potenziale di vita attraverso il lavoro: a questo corrisponde il lavoro decente. Si può avere un lavoro giusto, ma non decente. Per mettere insieme il futuro dei giovani e quello delle imprese bisogna cambiare organizzazione del lavoro. Un lavoro decente comporta diritti, ma anche doveri. Per questo deve (dovrebbe) essere sicuro e giustamente pagato: lo ha ricordato a Cesenatico, alla Festa nazionale della Uil, il segretario generale Pierpaolo Bombardieri. Nei giorni della crisi di Governo, dove i politici sono interessati più all’ego e al potere che ai problemi reali, non si può però scaricare questo tema sulle imprese. Devono essere le istituzioni a favorire un processo inevitabile. Per questo siamo curiosi di conoscere la nuova legge che l’Emilia-Romagna promuoverà per attirare i giovani dall’Italia e dal mondo. Il presidente Stefano Bonaccini ha parlato di un pacchetto di welfare, a partire dal sostegno alla casa, "affinché sia conveniente venire a lavorare in regione", dando incentivi alle imprese che assumono ragazzi. Obiettivo: lavoro giusto e decente, ma dove la gavetta non sia guardata in tralice, con disprezzo.