Venerdì 19 Aprile 2024

Lavoro a picco e ammortizzatori alle stelle. Dopo l'epidemia il Paese è in ginocchio

In fumo mezzo milione di posti tra febbraio e maggio, mentre in due mesi le ore di cassa superano quelle registrate in tutto il 2010. E l’autunno fa paura: per Confcommercio sono a rischio 270mila imprese del terziario. A farne le spese soprattutto i giovani.

Migration

Le file cresciute del 30% ai monti di pietà delle nostre città: volti e storie di persone che non immaginavano di dover dare in pegno l’oro e i gioielli di famiglia per riuscire ad arrivare a fine mese. I nuovi poveri in coda alla Caritas e agli altri centri di assistenza aumentati di più del 34% in poche settimane con l’obiettivo di conquistare una busta di generi alimentari. Quasi un milione di scoraggiati in più e mezzo milione di occupati in meno da febbraio a oggi nel mercato del lavoro.

La cassa integrazione pagata a sette milioni di lavoratori con enormi ritardi e, fino a oggi, solo per marzo e aprile: 1,7 miliardi di ore autorizzate ad aprile e maggio rispetto a 1,3 miliardi di ore di tutto il 2010. Il mancato rinnovo dei contratti a termine per oltre 270mila addetti al mese. La stragrande maggioranza degli alberghi, dei ristoranti, dei negozi aperti a scartamento molto ridotto. Senza che vada particolarmente meglio per le altre attività legate alla drammatica crisi del turismo e dei consumi delle famiglie.

Il conto economico e sociale dell’emergenza Coronavirus, del lockdown, ma anche della fase 2, va ben oltre le cifre asettiche dell’Istat o dei centri studi delle associazioni di categoria. Dietro quei numeri c’è la perdita repentina di incassi, reddito, fatturato o il taglio dello stipendio a fine mese, ma soprattutto il crollo di prospettive e di progetti di vita per migliaia di famiglie e imprese. Dietro quelle percentuali lo scivolamento improvviso e imprevisto da una relativa agiatezza alla povertà o alla precarietà più incerta. E, purtroppo, siamo solo a un conteggio provvisorio dei danni.

L’orizzonte autunnale è addirittura, se possibile, ancora più nero. Secondo i ricercatori di Confindustria, l’occupazione seguirà il Pil, con un meno 7,6%. Quelli di Confcommercio, basandosi su una previsione di crollo del Pil dell’8%, calcolano la perdita di più di un milione di posti di lavoro. E segnalano il rischio della chiusura di oltre 270mila imprese del terziario.

È, dunque, altamente probabile – spiegano e avvisano da Unimpresa – che il 17 agosto, se il governo non allungherà a tutto il 2020 il blocco dei licenziamenti con la proroga contestuale degli ammortizzatori sociali, si aprano le condizioni per un vero e proprio boom dei licenziamenti da parte delle aziende. Ma anche con queste contro-misure, se non riparte l’economia, la bufera sociale rischia di arrivare ugualmente. La stessa cassa integrazione arriva a un massimale di meno di mille euro, il che significa il dimezzamento dello stipendio per milioni di impiegati e quadri. Il sussidio di 600 o mille euro per professionisti e lavoratori autonomi, anche laddove fosse prorogato, copre anche meno della perdita del reddito.

Un analista del mercato del lavoro come Emmanuele Massagli, di Adapt, mette in fila le categorie penalizzate: "I tanti lavoratori che sono stati per mesi in cassa integrazione (circa 7 milioni), coloro che hanno perso il posto a causa della scadenza del proprio contratto a termine (oltre 270.000 per mese), i tanti che hanno visto diminuire l’orario di lavoro e, quindi, lo stipendio. I milioni di lavoratori autonomi che hanno visto azzerato il reddito e gli incassi". Ma i più sommersi dallo tsunami sono i giovani: "I millennials – ha avvisato a più riprese Alessandro Rosina, docente di demografia dell’Università Cattolica di Milano – rischiano di pagare di più l’impatto di due crisi. Saranno i trentenni a veder maggiormente ridursi sia la possibilità di trovare lavoro sia il rischio di perderlo, in una fase della vita in cui tutto ciò si ripercuote pesantemente nel rischio di rinunce definitive sugli obiettivi personali e le scelte di vita".

Da qui anche la proposta di Maurizio Del Conte, ex numero uno dell’Anpal, docente alla Bocconi, per tentare di non perdere definitivamente un’intera generazione: "Si devono prevedere incentivi economici per la ricollocazione dei lavoratori, anche con contratti temporanei, verso i settori che per primi agganceranno la ripartenza e che si troveranno in difficoltà a reperire le competenze necessarie, come la sanità, la logistica e tutta la filiera del digitale".