Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Aventino dei Cinque stelle Altolà di Forza Italia e Lega "Una verifica, così salta tutto"

Conte non vota il decreto Aiuti e minaccia di fare altrettanto con la fiducia al Senato. L’imbarazzo del Pd, rimasto da solo al governo col centrodestra. E addio campo largo

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di Ettore Maria Colombo

Mentre a palazzo Montecitorio si vota (pigramente e sotto una cappa dovuta all’insopportabile afa romana) il dl Aiuti, si diffonde la voce che il premier è salito al Colle. La partita prosegue: il decreto finisce con 266 sì e 47 contrari, e i 5Stelle non lo votano, perché contiene norme "sgradite" al Movimento. Ma la presenza di Draghi da Mattarella fa esplodere il panico pure tra i parlamentari avvezzi.

Giuseppe Conte, come se nulla fosse, dice che "la decisione di oggi (ieri, ndr) era già chiara ed era stata già anticipata. È una questione di coerenza e linearità, quindi nulla di nuovo". Non risponde, invece, arrivando alla sede M5s a Campo Marzio, su cosa farà il Movimento per il voto al Senato, come a voler giocare al gatto (lui…) col topo (Draghi). Un gioco, però, assai rischioso. Come ormai sanno anche i sassi, al Senato il voto di fiducia e il voto sul provvedimento (si terranno giovedì 14 perché il dl scade il 16 luglio) è un ‘one shot’: si votano insieme, con voto unico. Giochini non sarebbero permessi, ma sono giorni che il M5s accarezza l’ennesimo gioco di prestigio: dato che l’astensione equivale a voto contrario, il trucco sarebbe quello di uscire dall’Aula, all’atto del voto, il che peraltro abbassa pure il quorum.

La situazione è, dunque, di pre-crisi, ma la crisi di governo, vera, può davvero andare in scena al Senato? Sì, sempre che non vi sia, prima, un nuovo incontro "chiarificatore" tra Draghi e Conte che, però, a ieri, non si sono fatti ancora neppure uno straccio di telefonata mentre Conte continua a ripetere, come un disco rotto, "attendo risposte alle nostre richieste", modello ultimatum.

L’atteggiamento del premier è stato, ed è, ancora dialogante: ha fatto filtrare, da palazzo Chigi, aperture su molti temi avanzati dal ‘papello’ dei 5S (Reddito di cittadinanza, salario minimo, Superbonus), solo su una cosa ha già espresso il niet: nuovi, consistenti, scostamenti di bilancio, cioè proprio la richiesta più esosa fatta da Conte.

Certo, tecnicamente, il governo resterebbe in carica: la maggioranza, anche senza i voti dei 5S, c’è, ed è pure solida, grazie alla scissione di Ipf (Insieme per il futuro). Ma Draghi, che ieri sera è salito al Colle dopo una girandola di incontri con molti ministri (nessuno dei 5Stelle, giusto per dire), ritiene e ripete che "senza il M5s, non c’è più il governo". Mattarella ha provato a convincerlo del contrario? Forse, ma gli altri partiti hanno perso la pazienza.

In particolare, è sceso in campo Berlusconi. Il leader di FI, con un tackle scivolato, ha chiesto, né più né meno, "una verifica di maggioranza" per "comprendere quali forze intendano sostenere il governo, non a fasi alterne e per tornaconti elettorali", stigmatizzando apertamente i 5Stelle. Una richiesta condivisa anche dal Carroccio. Caustico il commento del leader di Iv, Matteo Renzi: "se non c’è più M5S per me si può andare avanti anche senza, ma bisogna vedere se ci sono la volontà e i numeri e su cosa".

Ecco, appunto. Dal Pd, dove non sanno più a che santo votarsi, ripetono che sono "fortemente preoccupati" e che "la priorità deve essere l’agenda sociale". Il Pd ha puntato tutte le carte sul salario minimo e la proposta del ministro Orlando, ma definisce "singolare" ventilare crisi di governo alla vigilia dell’incontro con i sindacati di oggi, dove quella proposta doveva accontentare i 5Stelle (e la Cgil). Letta ha tenuto una girandola di incontri con i vertici del partito: iniziano ad essere assai ‘seccati’ dai 5Stelle. Il non voto del Movimento 5 stelle sulla fiducia al Senato "sarebbe un problema" dice pure il ministro Orlando, fan di quell’alleanza coi 5S che ormai è in frantumi.