Venerdì 19 Aprile 2024

L’avanzata di Putin verso Ovest Da Kiev a L’Avana è guerra fredda

Gli Usa: vuole il pretesto per invadere l’Ucraina. Il Cremlino: se la Nato si allarga, pronti a intervenire a Cuba. E il mondo ripiomba nell’incubo di 60 anni fa, quando Kennedy e Kruscev evitarono l’olocausto nucleare

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di Cesare

De Carlo

WASHINGTON

La storia – sentenziava Aldous Huxley – insegna che non insegna nulla. Altro che magistra vitae! Se lo fosse non rischieremmo di ritrovarci nella situazione di 60 anni fa, quando Usa e Urss furono a un passo dalla guerra nucleare. E oggi nel pieno di una pandemia globale.

Oggi l’Urss si chiama Russia e non è più la patria del comunismo. Ma con Putin ha superato gli sbandamenti del postcomunismo e ha riacquistato statura da superpotenza, mentre gli Stati Uniti sembrano avere ridimensionato la loro.

Il ritiro, anzi la fuga notturna dall’Afghanistan ha inferto un colpo terribile alla credibilità dell’amministrazione Biden. Accade così – come riporta l’Associated Press – che Sergei Ryabkov, vice ministro russo degli Esteri, venga fuori con questa minaccia: "Non posso né confermare né escludere" la possibilità di inviare "apparecchiature militari" in America Latina se Usa e alleati non cesseranno l’attività militare alle porte della Russia.

Il riferimento va alle progettate manovre della Nato a ridosso dell’Ucraina sotto incubo di invasione. E va anche al timore che l’Ucraina chieda di diventare membro della Nato. È un fatto che dal suicidio dell’Urss in poi Putin abbia visto cooptati nella Nato l’intera Europa orientale e i Paesi baltici.

Come stupirsi che chieda "garanzie" nei negoziati di Ginevra e Bruxelles? E che alluda a interventi paragonabili agli "aiuti fraterni"? Ieri, durante la guerra fredda, miravano a bloccare le "manovre imperialistiche", oggi inseguono la geopolitica.

Ma c’è un altro riferimento che ci riporta a sessant’anni fa, alle prime settimane del 1962. Missili russi tornerebbero nella Cuba castrista e sbarcherebbero nel Venezuela del veterosocialista Maduro.

Dice Putin, non senza qualche ragione: se la Nato si espande all’Ucraina avremmo i missili a cinque minuti di volo da Mosca. "Siamo pronti ad adottare misure tecnico-militari". Fra queste la rinnovata installazione di basi nel cosiddetto cortile degli Stati Uniti e secondariamente l’invio in "acque neutrali" di sottomarini con i nuovissimi missili ipersonici Zircon.

La memoria va al bellissimo film di Roger Donaldson Thirteen Days, con Shawn Driscoll e Kevin Costner, i famosi tredici giorni di quel drammatico ottobre e il braccio di ferro fra John Kennedy e Nikita Kruscev. Avrebbero potuto condurre a un olocausto nucleare.

Non accadde per la ritrovata determinazione del giovane presidente americano. E alla fine i sovietici ritirarono i loro missili da Cuba e gli americani dalla Turchia.

Ma come si era arrivati a tanto? Proprio per l’impressione opposta fornita da Kennedy a Vienna, il 4 giugno 1961, nel summit con il leader sovietico. Impressione di debolezza e inesperienza. Risultato: due mesi dopo Kruscev faceva costruire il muro di Berlino, sei mesi dopo a Cuba arrivavano le sue navi con i missili a medio raggio.

Questo il background storico. Le analogie sono inquietanti. Biden molto più di Kennedy proietta un’immagine debilitata e confusa, anche sul piano fisico e mentale. Questa immagine sta alla base delle mosse di Putin sulla scacchiera mondiale. Xi sta a guardare. La sua Ucraina si chiama Taiwan.

In realtà – secondo gli analisti – Putin non vuole l’intera Ucraina ma un corridoio nel Donbass russofono, la regione orientale fra il territorio russo e la Crimea annessa nel 2014.

È più di una speculazione. Agenti russi da qualche tempo operano in quella regione. Preparano attentati – rivelano media americani riferendosi a fonti attendibili – contro i reparti filorussi. Sì, avete letto bene. Scopo ovvio: creare provocazioni e pretesti per un intervento in Ucraina.

Ancora una volta la storia si ripete. Non ricorda il 1939, Hitler e la Polonia?

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