Mercoledì 24 Aprile 2024

L’autogol italiano Dalla Champions alla B dopo l’esonero di Draghi

L’intervento Nella metafora calcistica tutti i dubbi della crisi politica. Tra lo spread di nuovo alle stelle e le stime di Pil tornate ai minimi

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Marco

Fortis

Immaginatevi una partita di calcio-economia in cui una squadra, la nostra, dopo anni in cui abbiamo spesso rischiato la retrocessione, ha finalmente un numero 10 grande come Pelé, che si chiama Draghi, arrivato in cabina di regia quasi per caso. Immaginatevi questa nostra squadra, che ha avuto un simile colpo di fortuna e che sta andando molto bene, nonostante il campo da gioco sia in pessime condizioni e pieno di buche a causa della guerra russo-ucraina. Infatti, il nostro Pil cresce ancora (mentre negli altri Paesi rallenta), grazie al fatto che la nostra produzione industriale, l’export, le costruzioni e il turismo stanno viaggiando tutti simultaneamente a pieno regime.

Immaginatevi, inoltre, che il suddetto Draghi-Pelé sia un argine pressoché insuperabile per la nostra credibilità internazionale e per il nostro debito pubblico e che stia portando avanti un’azione decisiva, quella del Pnrr, per far fare alla nostra squadra un salto di qualità senza precedenti. E immaginatevi anche che, sempre grazie a una personalità rispettata e addirittura temuta come Draghi, per una volta tanto abbiamo perfino gli arbitri (i mercati, la Commissione Europea, la Bce) dalla nostra parte. Infine, immaginatevi che Draghi, con una serie di dribbling e di passaggi azzeccati, alcuni già riusciti, altri in programma, stia riuscendo anche nel miracolo di mitigare l’impatto dell’inflazione sulle famiglie italiane.

Ebbene, che fa a questo punto il nostro allenatore? Toglie Draghi-Pelé dalla squadra e confeziona così un clamoroso autogol! La stampa italiana l’ha definito draghicidio. All’estero, ci hanno letteralmente presi per degli svitati. Perché, diciamolo, questi parlamentari che hanno tolto la fiducia a Draghi li ha eletti lo stesso popolo italiano che oggi rimpiange la sua cacciata.

Eppure, i tifosi dell’Italia della calcio-economia stavano per la prima volta sognando dopo anni di stenti: eravamo tornati un po’ fiduciosi nel nostro futuro e rispettati nel mondo. Invece con questo passo falso dei nostri allenatori-politici siamo usciti ignominiosamente di classifica e se in questo campionato alla fine non andremo in serie B sarà solo per il vantaggio che avevamo fin qui accumulato con Draghi in campo. In più, ci aspetta una campagna acquisti-elettorale in cui, in vista delle imminenti elezioni, rivedremo di nuovo in scena il peggio della nostra politica egoista ed incapace, ulteriormente impoverita in questi ultimi anni di deriva populista-sovranista.

Intanto lo spread vola e già ricomincia la solita litania sui media internazionali e sui mercati riguardo al pericolo del debito pubblico italiano. La crisi di governo non ha fatto felice solo Putin ma anche i falchi del Nord Europa. Invece, con Draghi, il nostro debito era al sicuro e dopo un solo trimestre, nonostante i rincari del gas e la guerra in Ucraina, la nostra economia aveva già messo a segno una crescita acquisita del Pil per il 2022 del 2,6% che, se le previsioni del Mef si riveleranno azzeccate, grazie ad una accelerazione congiunturale compresa tra +0,5%+0,6%, salirà a un +3,1%+3,2% dopo il secondo trimestre, in cui cresceremo forse perfino più della Cina (che ha fatto segnare un +0,4%).

In attesa dei dati preliminari del secondo trimestre, che l’Istat diramerà il 29 luglio, sottolineiamo per intanto che dopo il primo trimestre 2022, per aumento del Pil, eravamo nettamente davanti agli altri due maggiori Paesi dell’Eurozona, agli Stati Uniti e al Giappone. Infatti, la crescita economica acquisita per l’anno in corso era ferma in Germania a +1,3%, in Francia a +1,9%, in Giappone a +0,4% e negli Usa a +1,5%. Nello stesso tempo, il nostro debitoPil stava calando velocemente. Tutto ciò in gran parte per merito di Draghi. E il divario di crescita a nostro favore, come è probabile, aumenterà ancora dopo il primo semestre. Non accadeva da anni.

Purtroppo, il peggio della nostra politica non solo antepone sempre i propri affarucci di bottega all’interesse nazionale della squadra-Italia. Ma non è mai stato nemmeno capace di adottare uno nuovo schema di gioco adatto ai tempi e alla competizione globale. All’Italia serviva e serve come l’aria un metodo alla Draghi, basato sulle riforme, sugli investimenti e sulla crescita, con l’aggiunta di tanta classe, rispettabilità e autorevolezza internazionale. Ma ai nostri politici le riforme vere non piacciono, le promettono ma le rimandano da anni. Gli italiani che li eleggono forse dovrebbero interrogarsi un po’ a questo proposito e cambiare finalmente registro. Altrimenti è inutile poi lamentarsi né della pochezza dei populisti e delle loro sterili promesse né del salto nel vuoto politico-culturale e dei miseri slogan dei sovranisti. Tra questi ultimi, sono oggi tante le potenziali maglie numero 10 che, qualora riuscissero a conquistare la guida della squadra-Italia, anziché giocare nella Champions League dell’Euro, vorrebbero portarci a gareggiare nella Mitropa Cup con Orban. Sarebbe un bel passo in indietro … dopo Draghi.