L’autogol di Letta: un’altra tassa Ma anche Draghi lo smentisce

Il segretario Pd: "Finanziamo i giovani con l’imposta di successione". Gelo del premier: "Non è il momento"

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di Antonella Coppari

Praticamente un placcaggio rugbystico: "Questo non è il momento di prendere soldi ai cittadini ma di darli", avverte Mario Draghi. Sembra una considerazione di carattere generale, invece è un modo, piuttosto ruvido, di rispedire al mittente la proposta lanciata poco prima con un tweet dal segretario del Pd: "Perché non istituire un fondo per i giovani finanziato con un prelievo su successioni e donazioni oltre 5 milioni?". Già: perché no? Forse perché significa aprire nel modo peggiore la discussione su una riforma fiscale ancora tutta da delineare, nella quale – afferma il premier – sono fissati solo due paletti: deve essere rispettato il principio di progressività, e non è l’ora di politiche fiscali restrittive. Oppure, perché si tratta di un tema da maneggiare con cura e non un petardo da gettare nelle fila di una maggioranza per nulla coesa. Certo, può servire a lanciare il libro in uscita di Letta che la contiene Anima e Cacciavite, ma non è una di quelle considerazioni che possano contare per il capo del governo. Anche per questo, visibilmente seccato, Draghi mette da parte la diplomazia e interviene a gamba tesa nella conferenza stampa convocata per illustrare il decreto sostegni: "Non ne abbiamo mai parlato". Né vuole farlo ora: "L’economia è in una situazione di recessione, di grande disoccupazione".

La proposta è peregrina. Tanto più in una fase in cui, come ricorda, la commissione sulla riforma del fisco non si è ancora insediata. Ma forse a spiegare la sua brusca reazione è proprio il metodo che crea sconcerto anche nel Pd. Se Salvini usa la metafora del calcio: "Draghi ha fermato quel genio di Letta come un grande libero, alla Baresi", Marcucci è appena meno severo: "Condivido totalmente la risposta del premier".

I vertici del Nazareno fanno quadrato: l’idea di una dote di 10 mila euro ciascuno "per la metà dei diciottenni italiani" (dipenderà dall’Isee) finanziata con "eredità e donazioni superiori a 5 milioni", lasciando la franchigia di un milione e aumentando progressivamente l’aliquota fino al 20%, viene difesa dallo stato maggiore: dal vicesegretario Provenzano fino al responsabile economico Misiani, che l’ha messa nero su bianco. Ma dietro le quinte molti parlamentari ammettono d’essere spiazzati: proposte del genere non si lanciano a casaccio, senza discuterne prima e senza verificarne la fattibilità. Questo è il nodo: i collaboratori di Letta assicurano: lo ha detto perché lo pensa. "Vuole un partito di sinistra". La realtà è che il leader Pd in questo momento si preoccupa solo della campagna elettorale. La proposta appare più un manifesto propagandistico (è rivolta alla prossima legislatura, chiariscono gli intimi) che il frutto di un’analisi ragionata. Ed è questo probabilmente a contrariare Mario Draghi.

I leader di due tra le principali forze che sostengono il suo governo, Salvini a destra e Letta a sinistra, sembrano impegnati solo a darsi battaglia sbandierando vessilli identitari senza preoccuparsi di quanto siano utili o realistici. Ovvio che con temi laceranti sul tavolo, come la riforma della giustizia e quella appunto del fisco, sui quali le aree della sua maggioranza sono su posizioni opposte la tendenza allo strillo da comizio non gli faccia gran piacere. Di qui lo stop pure alle voci di una sua possibile successione a Mattarella definendo "impropria" l’ipotesi del capo del Carroccio. Anche se a chi gli domanda come riuscirà a trovare la quadra replica: "Tante volte mi hanno chiesto come pensi di farcela. Beh, insomma spesso ce l’ho fatta".