di Andrea Fontana Era il 1978 quando Alberto Marani, 24 anni, di Fossoli – frazione di Carpi, a 26 chilometri da Modena – fece i bagagli e partì per Roma, su richiesta di Botteghe Oscure. Aldo Moro era appena stato ucciso dalle Brigate Rosse. Marani, operaio e comunista, era stato chiamato a fare da autista e da scorta a Enrico Berlinguer. Con lui partì in treno un altro compagno carpigiano, Otto Grassi. Entrambi metalmeccanici, entrambi figli di partigiani. "Io e Alberto sapevamo di poterci fidare l’un l’altro, bastava uno sguardo per capirci – racconta oggi Grassi –. La fiducia era merce rara e molto, molto preziosa. Non dovevamo perdere mai di vista Berlinguer: era il nostro compito. Era essere al servizio del partito". Addestrati da qualcuno? "Non c’era addestramento per questo: sapevamo che dovevamo sempre tenere gli occhi aperti. A vent’anni non si ha paura: siamo partiti perché era il momento". Alberto Marani, uomo schivo, è morto a Fossoli l’altro giorno, a 67 anni, senza mai raccontare granché degli anni con Berlinguer. Ripeteva che il suo era un "ricordo personale che nasce da un rapporto professionale quotidiano": il segretario Pci fu presente anche al suo matrimonio. Marani e gli altri come lui non erano uomini segreti. Ma uomini di segreti, forse, sì. Visti, ascoltati, e mai rivelati. Ci sono tante leggende (e ogni leggenda nasce da una verità) sull’Emilia rossa, le sue violente estati del dopoguerra, i suoi misteri da Guerra fredda, e i troppi silenzi dopo la caduta del Muro. Personaggi fatti riparare in Cecoslovacchia, complici in oscuri delitti; e depositi segreti di armi nei casolari. Mica leggenda, appunto: l’ultima scoperta è di un paio di anni fa, in una casa da ristrutturare. Mitra e fucili americani e tedeschi, avvolti in stracci un tempo ben zuppi d’olio. Ma agli occhi ...
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