Martedì 23 Aprile 2024

L’attivista della ong russa "Lo zar? Gli parlerei solo in tribunale"

Sergej Bondarenko: "Premiata l’importanza di parlarsi. La mobilitazione è segnale chiaro: è disperato"

di Luca Bolognini

"La mobilitazione parziale in Russia ha cambiato la situazione. Anche chi pensava di starsene zitto e aspettare la fine di questa guerra ha capito di poter finire in prima linea. Il dissenso è montato e le alternative sono due: fuggire dal Paese o protestare e andare in prigione". Per Sergej Bondarenko, storico di Memorial, la Ong russa premiata col Nobel per la pace, la Federazione è un bivio.

Vincere questo premio cosa significa per voi?

"Sono state premiate di fatto tre nazioni: Russia, Ucraina e Bielorussia. In un momento segnato dalla guerra, sottolinea l’importanza di capirsi".

Il Nobel come aiuterà il vostro lavoro?

"Ci renderà più visibili. In Russia molte Ong stanno chiudendo. Questo premio ci rende più visibili, il mondo ora ci conosce: per noi potrebbe essere più facile rimanere e continuare a fare il nostro lavoro".

Oggi in Russia i dissidenti cosa possono fare?

"Non si può dire nulla. Anche uscire in strada con un cartello che recita “Non voglio uccidere“ può metterti nei guai. Nella Federazione, in cui sono tornato per un mese a giugno, non so nemmeno più se ci sia la libertà di parola".

Ma quanti sono i russi che si oppongono a Putin?

"È difficile fare stime. Molti hanno paura a esprimere liberamente i propri sentimenti. Hitler in Germania aveva un tasso di approvazione tra l’80 e il 90%. Appena è finita la guerra tutti erano contro il nazismo. Non me la sento di giudicare i russi: per i normali cittadini è difficile opporsi e trovare la forza di fare qualcosa. Hanno molto da perdere. L’assurda guerra in Ucraina non è una guerra della Federazione: è una guerra di Putin".

Il presidente russo potrebbe davvero usare l’atomica?

"È una domanda complessa a cui rispondere. Non credo totalmente né a chi dice che la userà né a chi non la userà. Il fattore paura è quello che conta di più".

Se incontrasse Putin, cosa gli direbbe?

"Assolutamente nulla. Non ci vorrei parlarle, non abbiamo nulla da discutere. Forse in futuro, quando sarà in una aula di tribunale come Milosevic".

Una Russia senza Putin sarebbe un Paese migliore e più pacifico?

"Lo dobbiamo sperare. Anche se bisognerà capire chi prenderà il suo posto e come lo farà. Potrebbe esserci un colpo di Stato da parte dell’esercito o una risoluzione pacifica. Ma temo che la seconda opzione sia la più improbabile".

Ma il collasso è vicino?

"Da storico sono abituato a giudicare una vicenda quando è finita. Magari sarà tra pochi mesi, magari tra anni. In ogni caso la mobilitazione parziale è un chiaro segnale: Putin è disperato".