Lasciò morire la figlia: "Dov’è ora la mia Diana?"

Alessia Pifferi, 37 anni, esce per la prima volta dal carcere per un’udienza. I legali: "Terrorizzata dal clamore mediatico. Non fa che chiedere della piccola"

Alessia Pifferi, 37 anni, all’ingresso del tribunale di Milano

Alessia Pifferi, 37 anni, all’ingresso del tribunale di Milano

Alessia Pifferi "chiede di sua figlia Diana, si rende conto che non la riabbraccerà mai più". Vive "ovattata", assiste a quello che sta succedendo "come da dietro una finestra". Ripete una frase: "Non ho mai messo benzodiazepine o altre sostanze nel biberon di mia figlia". Per la prima volta dallo scorso 21 luglio, giorno del fermo, la 37enne che ha lasciato morire di stenti la piccola Diana, di quasi un anno e mezzo, abbandonandola da sola nella sua casa alla periferia di Milano per sei giorni, è uscita dal carcere. Ieri mattina è stata accompagnata dalla Polizia penitenziaria al Palazzo di giustizia di Milano, per partecipare all’udienza fissata dal gip Fabrizio Filice (poi rinviata al 14 ottobre) per conferire l’incarico ai periti per gli accertamenti, con la formula dell’incidente probatorio, sul biberon, una bottiglietta d’acqua e una boccetta di En trovati in casa vicino al corpo della bambina. Un genetista esaminerà anche eventuali tracce del Dna della vittima sugli oggetti sequestrati. Gli accertamenti sono necessari per verificare un’ipotesi investigativa: la piccola Diana potrebbe essere stata narcotizzata dalla madre, che poi è uscita per raggiungere il compagno nella Bergamasca e trascorrere con lui il fine settimana, abbandonandola in casa.

Con la mascherina sul volto, vestita con un tailleur gessato nero e pantaloni scuri, ha attraversato i corridoi del settimo piano circondata da telecamere e fotografi, senza dire una parola. È "terrorizzata" per il clamore mediatico, hanno riferito i suoi difensori, gli avvocati Solange Marchignoli e Luca D’Auria. "Ha momenti di sconforto – spiega l’avvocato Marchignoli – quando legge le notizie dai giornali scoppia in lacrime. Chiede di Diana e parla di lei come un dono di Dio. L’unica cosa di cui si rende conto – aggiunge il collega – è che non l’abbraccerà mai più". I difensori hanno rinnovato al giudice la loro richiesta, già respinta ad agosto, per far entrare in carcere uno dei docenti incaricati dalla stessa difesa di redigere una consulenza neuroscientifica e psichiatrica sulla 37enne per "fotografare il suo stato mentale". Alessia Pifferi, al termine dell’udienza, è stata riaccompagnata in carcere. Nella sua cella continua a ricevere lettere, mazzi di fiori e offerte d’aiuto, da parte di persone rimaste colpite dalla tragedia.