Mercoledì 24 Aprile 2024

"Largo ai giovani nei cda All’Italia serve un ricambio"

Di Stefano (Confindustria) interviene nel dibattito lanciato da Massimo Donelli su QN "Noi under 40 meritiamo più fiducia e opportunità, basta fratture generazionali"

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di Riccardo

Di Stefano*

Caro direttore,

approfitto del commento pubblicato ieri sul vostro giornale a firma di Massimo Donelli per ribadire la necessità di valorizzare il ruolo dei giovani nella leadership economica e politica del Paese. E per rispondere ad alcune critiche in merito alla proposta di inserire quote under 40 nei consigli di amministrazione delle società quotate.

Non è una novità che in Italia i giovani non rivestano ruoli chiave. Secondo il Board Index di Spencer Stuart del 2019, in Italia solo il 3% dei consiglieri nei board ha meno di 40 anni. Uno studio della Luiss conferma che l’età media degli amministratori delegati è di 56 anni.

Questo succede per i giovani ma anche per le donne in moltissimi contesti, anche nell’editoria come ben sapete. Il vostro gruppo è uno dei pochissimi che vanta un direttore di testata giovane e donna.

Sappiamo tutti che questo è un problema prima di tutto culturale che non si può risolvere solo con le quote che sono purtroppo un estremo rimedio, per un male che è diventato estremo. Le quote rosa hanno funzionato, è un fatto. La legge Golfo-Mosca sarà infatti rinnovata. Non significa che questo strumento sia la migliore delle soluzioni ma evidenzia che il problema esiste e che servono interventi efficaci, benché imperfetti. Che provino a dare una scossa all’immobilismo. Se Donelli ha una soluzione diversa noi siamo pronti ad ascoltarla con spirito costruttivo.

Questa proposta, inoltre, viene dai Cavalieri del Lavoro, noi l’abbiamo fatta nostra e anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi l’ha rilanciata come necessaria. Questo significa che non si tratta di una battaglia corporativa ma di interesse generale. È un bene che ci sia dibattito in merito.

Nelle nostre aziende lavoriamo tutti i giorni con le generazioni precedenti senza conflitto ma per il cambiamento. Le imprese italiane hanno bisogno di ricambio generazionale, innovazione, digitalizzazione. Tutte caratteristiche che i giovani possiedono.

In un mondo ideale siamo tutti contro le quote e a favore esclusivamente del merito. Tuttavia, non viviamo sulla luna ma in Italia. In Italia i giovani non sono valorizzati, non hanno opportunità, sono sempre più ai margini della società, come le donne. E non perché non valgano. Perché se non valessero non sarebbero così appetibili per gli altri sistemi-Paese dove invece si inseriscono e fanno spesso fortuna.

Se in Italia esiste una frattura tra le vecchie e le nuove generazioni è perché si ha la percezione che ai giovani sia stato ipotecato il futuro. A partire dal debito pubblico fino alle risorse naturali. Noi crediamo di poter imparare molto da chi ci ha preceduto ma vorremmo che "i vecchietti", come li ha definiti Donelli, ci dessero maggiore fiducia, più spazi per dimostrare sul campo quanto valiamo. Gli stessi spazi che hanno avuto loro quando l’ascensore sociale era in salita. Mentre ora è in discesa.

Inoltre, vorrei ribattere che paragonare la condizione di essere giovani o donna, preferenze di genere, religiose, razziali, è fuorviante perché la categoria dei giovani che fa impresa è trasversale e noi vorremmo rappresentarli tutti.

Siamo in un momento di grande cambiamento in cui un’era sta andando in pensione. L’inclusione di giovani e donne, quindi, diventa un’emergenza nazionale. Speriamo che il dibattito politico e i provvedimenti possano restituire un po’ di equità generazionale.

Anche io da siciliano citerò un proverbio: "Lu viziu si nun veni castiatu dura finu all’infinitu".

* Presidente dei Giovani Imprenditori di Confindustria