
Papa Leone XIV visita la Radio Vaticana in Santa Maria di Galeria e si fa intervistare dal Tg1
di Nina Fabrizio
Papa Leone debutta in tivvù e nella sua prima intervista ai media, al Tg1, lancia una forte proposta di negoziazione: "Mettiamoci insieme per cercare soluzioni alla guerra: tanti innocenti muoiono e bisogna evitare l’uso delle armi". Dopo giorni intensi di prese di contatto con i vari leader mondiali, dal faccia a faccia con il vice presidente Usa, J.D. Vance, passando per i vari leader europei, fino alla telefonata con il presidente russo Vladmir Putin del 7 giugno scorso, si delinea l’azione diplomatica di papa Prevost, primo pontefice americano della storia privo però dello stigma del "gringo" grazie soprattutto al bagno pastorale compiuto come missionario in Perù. Leone ribadisce l’invito, stavolta non solo a russi e ucraini ma erga omnes, a trovare in Vaticano il tavolo della negoziazione, quello attorno a cui, nell’ambito di uno spazio neutrale, sedersi e parlarsi con franchezza, ricomporre i conflitti, trovare vie alternative alle armi.
Lo scenario internazionale, afferma, "è veramente preoccupante. Giorno e notte cerco di seguire quello che sta succedendo in tante parti del mondo. Si parla soprattutto del Medio Oriente oggi, però non è soltanto lì", "vorrei rinnovare questo appello: cercare a tutti i costi di evitare l’uso delle armi e cercare attraverso gli strumenti diplomatici il dialogo. Ci mettiamo insieme a cercare soluzioni. Ci sono tanti innocenti che stanno morendo".
Dopo la messa di intronizzazione, quando sul sagrato di San Pietro il presidente ucraino Volodymyr Zelensky si prodigava di far sapere a quanti più leader possibili di essere disposto a tutto per raggiungere la fine della guerra, anche di dialogare con Putin stesso in Vaticano, era stato il ministro degli Esteri Lavrov a chiudere la porta a Leone, sostenendo che uno stato cattolico non poteva negoziare tra due di fede ortodossa. Prevost, tuttavia, non si è scoraggiato, anzi rilancia e allarga lo sguardo avendo in mente anche i conflitti e le tensioni in altre aree del globo, per lo più dimenticate, come il Sudan o il Myanmar. Ci sono naturalmente fronti più urgenti, in primis quello mediorientale. Non è un caso che a raccogliere la proposta di Leone sia già l’ambasciatore iraniano presso la Santa Sede.
"Se la Santa Sede lo proponesse – afferma Mohammad Hossein Mokhtari –, sarei il primo a garantire la disponibilità dell’Iran a sedersi intorno a un tavolo in Vaticano con gli Stati Uniti per discutere sul nucleare". A una condizione, però: "È necessario che si fermi l’aggressione del regime sionista". All’udienza generale mercoledì, il Papa aveva detto che "il cuore della Chiesa è straziato per le grida che si levano dai luoghi di guerra, in particolare dall’Ucraina, dall’Iran, da Israele, da Gaza".
A fare da bussola devono essere il "diritto internazionale" e la prospettiva multipolare, attualmente in fortissima crisi. Ancora più esplicito il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, capo della diplomazia d’Oltretevere che ha richiamato il Trattato Onu del 2017 cui la Santa Sede ha apportato un contributo fortemente fattivo e che sancisce l’immoralità non solo dell’uso ma anche del possesso delle armi nucleari. Un messaggio per chi vuole intendere come il Vaticano sia libero di parlare e accogliere tutti, senza pregiudizi di sorta. L’Iran infatti contesta che quelle presunte armi nucleari che stava per raggiungere secondo Israele e Stati Uniti, sarebbero in realtà già da tempo in possesso di Tel Aviv.