L’Apocalisse evocata da Putin è più vicina

Cesare

De Carlo

Ne parla la Bibbia e prima ancora ne parlavano gli assirobabilonesi. L’incubo dell’Apocalisse incombe da sempre sull’umanità. E dunque non è un caso se il countdown per la fine del mondo sia ripreso mentre da Washington e da Berlino arrivavano notizie sulle forniture all’Ucraina dei temuti Leopard tedeschi e dei meno temuti Abrams americani. Forniture consistenti: circa 140 carri dalla Germania e un centinaio dagli Usa. Più quelli che verranno dalla Polonia e dalla Finlandia. C’è da preoccuparsi? Certamente. Il più devastante conflitto europeo dalla seconda guerra mondiale entra in una nuova fase. Molto più pericolosa, perché al confronto i carri russi appaiono di latta. E dunque davvero l’Ucraina, vittima dell’aggressione undici mesi fa, rischia di rovesciare la bilancia militare. Ma – questo il punto – Putin non accetterà mai una sconfitta. Non si ritirerà dall’Ucraina con la coda fra le gambe. E perciò questa volta la sua minaccia dell’Apocalisse non va accolta con un’alzata di spalle.

Purtroppo è così: la Nato lancia un’escalation. E allora farà bene a prepararsi al peggio. Perso per perso Putin o chiunque altro al Cremlino ricorrerà ai missili nucleari. Che fare? Rassegnarsi all’ineluttabile proprio mentre lo stesso Zelensky conferma con le sue purghe quanta corruzione ci sia nel governo? Rivelava la CBS un paio di mesi fa in un’inchiesta poi ritirata che una fetta dei 100 miliardi di dollari finiti in Ucraina sia irrintracciabile. Il Congresso repubblicano ne terrà conto. Le sue simpatie per Zelensky non si discutono. Ma basta assegni in bianco. Per gli Abrams Biden può bypassare il Congresso in forza dei poteri esecutivi. Forse li considera un’arma di pressione su Putin. Non serviranno se altre, parallele pressioni non saranno esercitate su Zelensky. Prioritaria una tregua immediata. Poi la pace e i territori.