di Paolo Franci Storie come quelle di Martina Trevisan, splendida tennista italiana, assumono contorni straordinariamente importanti,sconfinando nell’esempio e nella speranza ancor prima di essere catalogate come grandi imprese sportive. Sì perché prima di battere la canadese Fernadez al Roland Garros e arrampicarsi sul penultimo gradino degli Open di Francia – la semifinale che giocherà contro l’americana Cori Gauff oggi alle 15, che le vale il 27esimo posto nel ranking mondiale – Martina è riuscita a mettere ko l’avversaria più temibile, infida, maledetta: l’anoressia. "Relazionarsi con un malato di disturbi alimentari è come camminare su un campo minato. Se non conosci a perfezione l’esatta posizione delle mine che cambia ogni giorno, imprevedibile, irregolare, salti per aria". La scrittrice Agnese Buonomo descrive così nel suo libro, ’La famiglia divorata’, quel nemico silenzioso prima e deflagrante poi, che si annida nei disturbi alimentari, dalla bulimia all’anoressia. Un nemico che durante il lockdown è aumentato del 50% nella fascia tra i 12 e i 19 anni. E lo racconta bene la storia di Martina, drammatica per il suo sviluppo e bellissima nell’epilogo. Una storia in cui la racchetta passa dall’essere amica, poi nemica e infine strumento di rinascita definitiva. D’altra parte, se i tuoi genitori hanno scelto di chiamarti Martina in omaggio alla grande, grandissima Navratilova – 344 tornei vinti con 59 prove di Grande Slam – il tennis, nel bene o nel male, finirà per essere il tuo destino. Quando la sua vita ha cominciato a far rima con prodigio, Martina era una bambina che dava del tu al talento tennistico. A 16 anni, giocava gli Slam a livello junior. Un vizio di famiglia, in effetti, perché il fratello Matteo che oggi fa il maestro, spopolava in cima alle classifiche mondiali giovanili vincendo anche il doppio juniores a Wimbledon. "Anche se all’apparenza sembrava tutto ...
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