ANTONIO PATUELLI*
Cronaca

L’analisi di Patuelli (Abi). Dopo la crisi umanitaria si rischia quella economica

Il nuovo conflitto palestinese-israeliano ha già inciso sui prezzi di gas e petrolio. Già nel 1973 la guerra in Medio Oriente portò politiche di Austerity in Europa.

L’esplosione dell’ennesimo grave conflitto fra palestinesi ed Israele si assomma alla guerra russo-ucraina e produce un’inedita complessità di crisi drammaticamente rilevanti innanzitutto sotto l’aspetto umanitario. Il rispetto della vita e della dignità umana viene inammissibilmente travolto. Dai drammatici conflitti scaturiscono conseguenze anche economiche di rilievo che, dopo gli aspetti umanitari, non vanno sottovalutate.

In questi ultimi giorni è già molto cresciuto il prezzo innanzitutto del gas, che nel mercato europeo ha raggiunto i 54 euro, circa il doppio di poche settimane fa, mentre il petrolio ha quasi toccato i 90 dollari al barile. Quindi sale nuovamente il costo dell’energia che era stato un fattore decisivo, un anno e mezzo fa, per la cospicua crescita dell’inflazione che ha creato infiniti problemi a cittadini e imprese ed ha convinto le banche centrali a decidere crescenti strette monetarie che hanno contribuito a ridurre la ripresa dello sviluppo successiva alla pandemia.

L’attuale crescita dei prezzi dell’energia, soprattutto del gas, trova l’Italia e l’Europa più preparate di uno o due anni fa, perché tante sono state le iniziative realizzate e in corso d’opera per la diversificazione delle fonti di approvvigionamento ed a favore delle rinnovabili, ma il futuro è imprevedibile e ogni prudenza è consigliabile. Le esperienze del passato non sono sufficienti a prevedere i rischi del futuro, ma servono ad esserne più consapevoli. Proprio nell’ottobre di cinquant’anni fa, nel 1973, scoppiò la crisi energetica a seguito di un altro attacco che Israele subì, quella volta nella ricorrenza della festa ebraica dello ‘Yom Kippur’. Quel conflitto, oltre alle conseguenze sanguinose, portò a un’impennata del costo del petrolio, con l’adozione anche in Italia di misure di austerity, con limitazioni anche di talune libertà, come quella di movimento e circolazione.

L’Europa è direttamente ed indirettamente molto toccata dalle due guerre in corso e l’Italia è uno dei paesi più esposti. I rischi, dopo quelli umanitari, sono anche di natura economica: la ricrescita dei costi energetici può favorire la ripresa dell’inflazione che stava riducendosi sotto il peso delle strette monetarie e può portare più rischi per le prospettive economiche. Peraltro la speculazione internazionale è sempre in agguato ad accentuare i fenomeni economici.

L’aumento del costo dell’energia e il rischio inflazione potrebbero portare le Banche centrali ad aumentare ancora i tassi e comunque a non ridurli presto e ciò peserebbe sugli Stati più indebitati, come l’Italia, e sulle attività di imprese e famiglie. Le banche sono molto strettamente legate a tutte le attività economiche e risentirebbero certamente degli effetti della nuova grave crisi mediorientale che ogni giorno si espande non solo in termini bellici ed umanitari. Tutto ciò impone strategie economiche lungimiranti agli Stati (con il contenimento della spesa pubblica), alle imprese, alle famiglie e in particolare alle banche che sono la più intensa e sensibile connessione di tutti i fattori economici.

Per garantire forte stabilità alle banche, in una fase di così grave instabilità, occorre un’accentuata attenzione ai fattori prudenziali, innanzitutto con robusti accantonamenti di utili a riserve, come sempre indicato dalla Bce e dalla Banca d’Italia, per tutelare la solidità patrimoniale anche prospettica delle banche, indispensabile per continuare a far cospicuamente credito a famiglie e imprese.

* Presidente Associazione Bancaria Italiana