Lamorgese sulla graticola (e sempre più sola)

La ministra risponde in Parlamento sull’assalto alla Cgil. L’accusa della Meloni (Fd’I): "Gli scontri di sabato volutamente permessi"

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di Ettore Maria Colombo

Se non fossero echeggiate parole antiche e desuete, si potrebbe parlare di “donne contro“. Alla Camera dei Deputati in una manciata di minuti va in scena un duello tra due ‘iron ladies’. Il leader dell’opposizione, Giorgia Meloni, e il titolare del Viminale, Luciana Lamorgese si affrontano nel ‘question time’ (domande a voce e a risposta immediata).

Ma la via Crucis, per la Lamorgese, non è finita: il 20, tra Camera e Senato, dovrà affrontare raffiche di interrogazioni a domanda scritta, sullo stesso tema di ieri, gli scontri di sabato scorso. Il presidente della Camera, Roberto Fico, funge le vesti di ‘giudice’, salomonico, un po’ impacciato.

È un question time che, per tensione nell’aria, archivia tutti i precedenti, di solito sonnacchiosi. La leader di Fd’I parte spedita contro la "lista infinita delle inadempienze" della ministra, tra cui le addebita anche "la vergogna della devastazione di sabato scorso a Roma".

Sapeva la Lamorgese della presenza di soggetti pericolosi per l’ordine pubblico e della loro intenzione di assaltare la sede Cgil? È la domanda – retorica – di Meloni. Conosceva la natura di Forza nuova? Insomma, una requisitoria in piena regola, dai toni concitati. La replica di Lamorgese, incipit di prammatica, segue un filo istituzionale, non forza i toni (solo l’accento lucano, che sotto tensione, si sente di più), esprime solidarietà alle forze dell’ordine, spiega che l’intenzione di Castellino di dirigersi sotto la Cgil è stata espressa dal palco e che, a quel punto intervenire con l’uso della forza avrebbe comportato rischi di "degenerazione della situazione dell’ordine pubblico". Insomma, la Lamorgese cerca, ci prova, ad abbassare i toni.

Quanto allo scioglimento di Forza nuova, il governo collegialmente si indirizzerà anche "sulla base delle valutazioni della magistratura", nonché "delle indicazioni del Parlamento" (le mozioni). La Lamorgese, che è un prefetto, un tecnico della sicurezza pubblica ‘prestato’ al ruolo di governo, non tradisce emozione nell’esporre le sue ragioni e nel fronteggiare l’offensiva della leader dell’opposizione sostenuta dalla claque dei suoi.

Ma la tensione per l’accaduto in piazza, pure nel Palazzo, non s’è certo dissolta. Dai banchi della maggioranza non emerge, al termine del question time, un particolare afflato solidale. Insomma, la Lamorgese viene lasciata sola, anche dal Pd. L’ultima parola, però, nelle regole delle interrogazioni a risposta immediata, spetta all’interrogante, cioè all’‘accusa’. Meloni è tutt’altro che soddisfatta: parla di risposta "offensiva" per i poliziotti, i manifestanti pacifici e lo stesso Parlamento "che non è fatto di imbecilli". Poi l’affondo: se prima si poteva ipotizzare "l’incapacità" della ministra, ora adombra una premeditata acquiescenza: "Quanto accaduto è stato volutamente permesso". Riecheggia termini desueti come quella "strategia della tensione" (cosa ben più grave e seria) che "ci riporta agli anni più bui della storia italiana". "Il governo non fa niente e viene chiamata in causa l’opposizione", dice Meloni, distante "anni luce" da Forza nuova et similia. Il tutto con quello che definisce un saldo politico "proficuo" per la sinistra e il governo che può far finta – accusa - di ignorare migliaia di persone in piazza.