L’amnistia nascosta che non cura

Lorenzo

Castellani

Il governo vuole scrivere la parola fine sulla pandemia. Sul piano politico è un ragionamento comprensibile: dopo la vaccinazione di grandissima parte della popolazione, restrizioni per oltre due anni, un virus oramai depotenziato e sotto controllo, una vita quotidiana che è tornata quasi alla normalità da vari mesi, è giunto il momento di mettere un punto. Nel perseguire questo obiettivo però il governo sembra essersi incartato da solo. I medici No vax ospedalieri che saranno reintegrati al lavoro costituiscono poco più dell’1% della popolazione sanitaria, un numero ridicolo, perché allora giustificare questa misura legandola alla carenza degli organici? Sarebbe stato più conveniente spiegare che dopo la punizione, la sospensione dal servizio, con la fine dell’emergenza arriva il perdono, il reinserimento. Funziona così durante le guerre e le emergenze, si punisce e poi si concede l’amnistia quando torna la normalità. Con questa goffa comunicazione, invece, l’esecutivo ha prestato il fianco alle polemiche di chi vorrebbe punire ancora i No vax, magari col licenziamento. Gli attacchi sono arrivati dall’opposizione, ma anche da quelle frazioni delle maggioranza sensibili al tema pandemico sia per storia che per tipologia di elettorato, come Forza Italia. Impacciata anche la marcia indietro sulla mascherina obbligatoria soltanto nelle strutture sanitarie. Essa rappresenta una prevenzione efficace e poco invasiva che può servire a prevenire altre epidemie, era davvero così importante sul piano politico abolirne l’obbligatorietà per decreto? L’obiettivo di superare del tutto la pandemia è comprensibile, ma le scelte politiche devono essere ben argomentate e non nascoste dietro paraventi che non reggono. Se i rischi di una recrudescenza del virus sono minimi e se questi rischi vogliono essere ragionevolmente corsi dal governo, perché non essere espliciti sull’amnistia ai medici No vax?