Venerdì 19 Aprile 2024

Iran, l'allenatrice italiana: "Bloccano il web, ho paura. Resto per aiutare le ragazze"

Alessandra Campedelli guida le nazionali femminili di volley nel Paese delle proteste per i diritti

Non vedeva l’ora di togliersi il velo. Alessandra Campedelli è un’allenatrice di volley italiana che dal gennaio scorso si occupa delle nazionali femminili dell’Iran, da quest’anno anche per il settore giovanile. È appena tornata a casa in Trentino, tra qualche giorno rientrerà a Teheran, dove ha trascorso quasi tutto il 2022. Compresi gli ultimi due mesi, in cui è aumentata la tensione sociale nel paese per i diritti civili delle donne.

Alessandra, come sta?

"Bene, a noi non è successo niente. Paradossalmente certe notizie le impariamo dai media occidentali. Ma non voglio minimizzare niente, le immagini che avete visto sono vere".

Lì c’è la censura?

"In realtà la rivoluzione di cui si parla in Occidente coinvolge solo il 5% delle popolazione. Io non ho mai assistito direttamente a disordini, in questi mesi non ho visto cambiamenti nella vita quotidiana, se non qualche ragazza in più con l’hijab abbassato per strada".

Non ha mai avuto paura?

"All’inizio tantissima, soprattutto quando dovevo volare, perché gli aeroporti da noi sono obiettivi sensibili, e in Iran non vedevo forze dell’ordine".

E adesso?

"Ora la paura vera ce l’ho quando le istituzioni bloccano l’accesso a Internet e ai social. Non succede sempre, spesso possiamo comunicare tranquillamente, e le ragazze che alleno vedono Instagram o Youtube. È nei momenti in cui il web viene bloccato che temo per me perché mi sento isolata. La federvolley iraniana si è adoperata per permettermi di restare connessa, ma è vero che non ho mai sperimentato un senso di solitudine così forte, tra le difficoltà della lingua e opportunità che qui non abbiamo".

Lei porta il velo?

"In Iran sempre, anche quando siamo in trasferta all’estero. Devo farlo perché sono un personaggio pubblico. Per me è molto pesante, dovrebbe essere una libera scelta basata su principi religiosi".

Con le ragazze parlate di quello che sta succedendo?

"Sì, ma la barriera linguistica è un problema molto grande. Non solo in palestra, in generale: io non parlo la loro lingua, anche loro faticano molto con l’inglese, insisto perché lo imparino perché è un modo per aprirsi. Ma è difficilissima anche la comunicazione non verbale, nella quale pensavo di essere forte, e invece spesso si generano malintesi. In più per cultura le donne iraniane non escono mai dal ’politicamente corretto’ quando si esprimono".

Fuori dal campo che vita fa?

"Dormo in una stanza di tre metri per tre al centro olimpico di Teheran, a volte esco con amiche. In generale gli iraniani sono accoglienti, il Paese è bellissimo. La difficoltà è nella comunicazione, la cui mancanza genera una distanza, e nella cultura così diversa dalla nostra".

Qualche sua atleta si è tagliata i capelli per protesta?

"No, nessuna. Si è schierata solo qualche atleta più matura che avrebbe lasciato la nazionale per età. Dell’arrampicatrice arrestata non abbiamo parlato perché non ho visto le giocatrici, che ora sono nei club".

Sa qualcosa di Alessia Piperno, l’italiana prigioniera?

"Ho cercato di informarmi. Mi sono fatta un’idea che conferma quanto già pensavo sulla base della mia esperienza diretta".

Sarebbe?

"Noi occidentali diamo per scontate cose che qui possono essere considerate offese, temo che sia capitato questo. È successo anche a me, una volta rivolta alla squadra ho usato l’espressione ’esame di coscienza’ che per loro è molto pesante. Ovviamente non intendevo offendere nessuno, ma per due mesi ho visto che l’atteggiamento delle ragazze era diverso. E nessuno me lo spiegava".

Alessandra, perché resta in Iran? Sarà durissima.

"Non è facile, ma al di là del lavoro specifico che ci ha portato a vincere un argento storico dopo 66 anni nei Giochi Islamici, e del contratto che ho fino a gennaio, resto proprio perché credo tantissimo nello sport come strumento di emancipazione e di cultura".

I Giochi Islamici erano su Youtube: abbiamo visto che su 57 nazionali solo le iraniane dovevano giocare con l’hijab.

"Io non posso occuparmi di cose che escono dal mio campo, non intendo parlare di politica. Ma dello sport e della cultura che genera parlo. Se posso aiutare le ragazze iraniane ad aprirsi al mondo, sono pronta a fare la mia parte".

Alessandra Campedelli
Alessandra Campedelli