Mercoledì 24 Aprile 2024

L’Agenda Draghi Molto evocata già rinnegata

Gabriele

Canè

Se Draghi incassasse i diritti d’autore, altro che pensione da Governatore. Se lo Stato incamerasse un euro per ogni volta che viene evocata, forse dimezzerebbe il deficit. Il fantasma dell’Agenda Draghi si aggira nel Palazzo: tutti ne parlano, peccato finisca per materializzarsi nei programmi dei raggruppamenti neonati o nascituri che non hanno né tempo, né idee sufficienti per costruire un progetto proprio. Intendiamoci, questo non significa che sia un elenco di ovvietà. Al contrario. Ci stanno dentro la pandemia, l’invasione dell’Ucraina con le ricadute in tema di energia, inflazione, geopolitica. Ci sta il Pnrr con i suoi progetti, le riforme e gli investimenti.

Ci sta la straordinaria amministrazione affidata da Mattarella in modo ordinario al governo dimissionario: tutto quello che è stato fatto e avviato, e che comunque e da chiunque andrà completato. Per le elezioni, però, ai partiti non basta buttare giù un budget annuale, già prestampato. Serve una piano pluriennale, chiacchiere magari, libri dei sogni, ma che in qualche modo si proietti oltre una "normale" agenda. Così Conte la rinnega, il centro destra ne tiene conto ripiantando però le proprie bandiere, e persino Letta, strenuo custode della purezza draghiana, guarda avanti senza voltarsi troppo indietro: "Agenda Draghi? Basta con le semplificazioni caricaturali". Così il programma Draghi vive per essere superato, adattato. Per esorcizzare l’esistenza del suo autore, troppo ingombrante per tutti, ma vitale per i reduci governativi, Di Maio, Brunetta... L’importante per l’Italia è che i suoi contenuti non siano messi da parte. Che non prevalga la pancia, come sta accadendo ora: con l’allarme per le migliaia di clandestini che sbarcano a Lampedusa, o per la Meloni e i "rigurgiti neo fascisti", il ritornello stantio che a ogni elezione ci ripropone il progressismo locale e internazionale. Da una vecchia agenda, ingiallita e polverosa.