Giovedì 18 Aprile 2024

Lady Facebook bruciata dal lavoro

Massimo

Donelli

Qual è la verità indicibile nascosta dietro le dimissioni di Sheryl Sandberg, 52 anni, direttore operativo di Meta, il colosso del web che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp? Forse non la conosceremo mai. Tuttavia, a tre giorni dall’addio, molte indiscrezioni e non pochi indizi autorizzano a parlare di burn-out (tradotto alla lettera: bruciare completamente). Sheryl, cioè, se ne sarebbe andata per stanchezza, fisica e psicologica, dopo 14 anni intensamente vissuti a fianco di Mark Zuckerberg, 38 anni, genietto non proprio simpatico e, soprattutto, da sempre privo di scrupoli. Spremuta come un limone, intelligentissima ("Facebook non sarebbe Facebook senza Sheryl", ha scritto il Financial Times), esposta nel 2016 a difesa dell’azienda per il pasticciaccio brutto di Cambridge Analytica (i dati personali di 87 milioni di utenti Facebook furono usati, senza il consenso degli interessati, per la propaganda elettorale a sostegno di Donald Trump), Sandberg ora si dedicherà ad aiutare le donne e tutti coloro che hanno subito un trauma.

Non è, il suo, il primo caso di stress da lavoro. Né sarà l’ultimo. Pochi, però, sono capaci di dire basta per tempo. Specie in Giappone, dove dal 1969, le vittime di karoshi (morte per troppo lavoro) si contano a centinaia: il manager Sony con oltre 80 ore mensili di straordinario stroncato da infarto; l’impiegata Dentsu (azienda pubblicitaria) così in debito di sonno da buttarsi dal tetto del dormitorio della società; la reporter NHK (la Rai del Sol Levante) morta con il cellulare in mano: soltanto quel mese aveva collezionato 146 ore di lavoro in più. E in Italia? Dietro la difficoltà di reperire personale nel turismo, specie gli stagionali, c’è (anche) una consapevolezza sul rischio burn-out. Infatti, con il lockdown da Covid 19 e la conseguente disoccupazione, molti hanno scoperto nuovi (meno pesanti) lavori. E nuovi valori. Uno su tutti: la vita.