di Marco Bilancioni Esattamente un anno fa a Trento spariva Sara Pedri, 32 anni, ginecologa di Forlì in servizio all’ospedale Santa Chiara di Trento. Secondo gli investigatori il suo corpo è scomparso nel torrente Noce, inghiottito dal lago di Santa Giustina. Emanuela Pedri, circa un mese fa lei è stata proprio lì, dove sparì sua sorella. "C’ero già stata, ma stavolta era diverso, sentivo di volerlo fare. Era il punto in cui i cani molecolari hanno ‘annusato’ il suo ultimo passaggio". Non ha dubbi sulla sua sorte. "I cani l’hanno sentita per dodici volte, e tre dentro al lago. Ci sono amiche che rifiutano tuttora l’idea del suicidio. In un certo senso, le capisco: hanno conosciuto un’altra Sara. Non quella che vedemmo a febbraio 2021". Quando tornò a casa. Diagnosi: forte stress lavorativo. "Ci siamo spaventati. Era magrissima, si mangiava le unghie. Entrai nella sua stanza e lei non si accorse di me per 15 minuti". Avete cercato di aiutarla. "In tutti i modi. Sara però non voleva essere trattata come una bambina, si vergognava. Mi sono chiesta: perché non si è dimessa qui, mentre era a Forlì? È tornata a Trento... Farlo qui significava ammettere definitivamente il suo fallimento". Fuggiva da un "ambiente tossico", come avete detto più volte. Perché questo dovrebbe essere un fallimento? "I medici studiano tanti anni prima di lavorare in ospedale. Temeva di aver fallito al primo incarico, nonostante i sacrifici". Vi parlava di questo? "Diceva di volersi dimettere, poi si chiedeva ’dopo come faccio’. Allo stesso modo esclamava ’vorrei scomparire’, poi ’ma cosa dico’. Pensava di non meritare lo stipendio e temeva di non lavorare più". C’è qualcosa che lei farebbe diversamente? "Una famiglia può dare tutto il suo amore, ma arrivati a una crisi d’identità così forte, non potevamo dare noi risposte: serviva un aiuto esterno. Non c’è stato il tempo di capire il peso del suo ...
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