Sabato 20 Aprile 2024

La versione di Ricolfi "Il congresso del Pd? È un gioco di potere Non si vede un progetto"

Il politologo: un ticket tra Bonaccini e Schlein sarebbe un errore "È diventato il partito dell’establishment. Chi rappresenta i ceti popolari?. Ormai solo la destra sociale di Meloni e la sinistra qualunquista di Conte"

Migration

di Antonella Coppari

Tra i più attenti analisti delle peripezie della sinistra e in particolare del Pd, Luca Ricolfi ha sostenuto nel suo ultimo saggio ’La mutazione’ che molti dei temi di sinistra del Pd sono migrati a destra.

Professore, non le sembra che la destra di Giorgia Meloni ora desideri tornare indietro su questo terreno?

"Non direi. La legge di bilancio ha numerose misure pro-deboli, e persino il tema del merito sta migrando a destra".

Assolutamente di sinistra sono le contorsioni congressuali del Pd, eppure nel dibattito è difficile cogliere differenze programmatiche tra i candidati. Qual è la posta in gioco? Solo una partita di potere?

"Spero di sbagliarmi, ma direi che non vi è nessuna posta in gioco, se non quella – tutta personale – di decidere chi guiderà il Pd ufficiale e chi, invece, guiderà gli scissionisti. Sempre che Bonaccini e Schlein non siano già d’accordo di dar vita a un ticket, che perpetuerebbe tutte le non-scelte del passato".

Ecco, finora il Pd non è stato tanto un partito a vocazione maggioritaria, bensì un partito in grado di rappresentare tutte le aree. Pensa che dovrebbe invece recuperare una rappresentanza sociale precisa?

"Veramente, il Pd una rappresentanza sociale precisa ce l’ha già: è il partito dell’establishment e dei ’ceti medi riflessivi’. Io non vedrei affatto male l’idea di provare ad essere un partito interclassista, con una concezione precisa dell’interesse nazionale e un progetto riformista (non populista) per l’Italia. Quanto all’idea accarezzata da molti, ossia di tornare a rappresentare innanzitutto i ceti popolari, come il Pci fino alla morte di Berlinguer, l’avrei visto benissimo, ma ormai è troppo tardi: i ceti popolari sono già rappresentati dalla destra sociale di Giorgia Meloni e dalla sinistra qualunquista di Giuseppe Conte. Troppo tardi per riacchiapparli".

Per la prima volta dopo decenni il Pd deve fare i conti con una competizione a sinistra. Pensa davvero che i Cinquestelle di Conte possano sostituire i democratici nel ruolo di rappresentanza delle fasce deboli?

"In realtà non è mai esistito, in tutta la storia della Repubblica, un partito al tempo stesso più a sinistra e più votato del Pci-Pds-Ds-Pd. Ma ormai la frittata è fatta: il Pd non può essere più demagogico dei Cinquestelle, e quindi è destinato a occupare la posizione di secondo partito della sinistra. Il problema, semmai, è perché i Cinquestelle, che sono un partito qualunquista, vengono percepiti come partito di sinistra. E sa qual è la risposta? Perché è stato proprio il Pd a conferire loro, con il governo giallo-rosso, la patente progressista di cui avevano un dannato bisogno dopo essersi compromessi con la Lega di Salvini".

C’è chi ritiene che la proposta di Elly Schlein possa portare al recupero dei valori di sinistra. Condivide o ritiene che si tratti piuttosto di una concezione della sinistra diversa, simile a quella dei liberal americani?

"Troppa grazia, Elly Schlein è semplicemente la perfetta rappresentante della sinistra social-confusa, che da sempre enuncia obiettivi astratti senza indicare i mezzi capaci di raggiungerli".

La sconfitta di Letta si è consumata sul terreno delle alleanze, ma nessuno dei candidati avanza una proposta che vada oltre il ’suo’ campo largo. Non converrebbe scegliere se dialogare con uno dei due partner possibili, M5s e Terzo polo?

"Io capisco che non ci si voglia legare le mani con una scelta a priori dell’alleato, perché le alleanze dovrebbero essere una conseguenza del progetto politico. Il vero guaio è che questo benedetto progetto non si vede proprio".

In realtà, il partito che sembra avere in mente Bonaccini si basa sul ruolo degli amministratori, e spesso in questi anni l’orizzonte del Pd è sembrato essere quello della buona amministrazione. Basta questo per ricostruire un partito di sinistra?

"Sì, basta, ma restituisce un partito che, nella migliore delle ipotesi, è un Ciampi-Monti-Draghi in salsa non tecnocratica. O, se preferisce: un Renzi-Calenda meno velleitario".

Per il momento, la posizione del Pd di fronte alla proposta di riforma istituzionale della destra è negativa. È giusto così, o farebbe bene a partecipare da protagonista alla riscrittura della seconda parte della Costituzione?

"La seconda che ha detto".

Una voce autorevole nella storia del Pd come quella di Rosy Bindi ipotizza che la strada migliore sarebbe lo scioglimento. È un’ipotesi realistica? E nel caso, sarebbe auspicabile?

"Realistica, ma non auspicabile. Una sinistra decente è necessaria alla democrazia, e quella del futuro Pd è la meno indecente che possiamo attenderci".