La verità, vi prego, su Calabresi

Dopo gli arresti in Francia

La Francia ci consegnerà sette italiani fuggiti dal nostro Paese ormai da molti anni perché condannati per lotta armata. Era tanto che l’Italia chiedeva l’estradizione di queste persone, ma la Francia ce l’aveva sempre negata invocando la famosa “dottrina Mitterrand”, la quale prevedeva una sorta di tutela per i reati politici, e che oggi viene invece interpretata in modo diverso, cioè facendo eccezione per chi si è macchiato di fatti di sangue. Può darsi che il prestigio internazionale di cui gode Mario Draghi abbia sbloccato l’annosa vicenda. Non finiranno, tuttavia, le polemiche.

Molti intellettuali di sinistra (e lo dico anche se non capisco che cosa debba c’entrare la sinistra con ragionamenti del genere) obiettano: sono persone ormai vecchie e malate, farle tornare in Italia è un accanimento. Bizzarro. Semmai, si dovrebbe dire che in Italia bisognava farli tornare prima. E poi – forse penserò male – ma dubito che avremmo sentito certi discorsi se gli estradati fossero responsabili di altri reati: omicidi comuni, tangenti, eccetera. Ma si sa che una certa sinistra, in Italia, è sempre stata molto indulgente con gli ex brigatisti e i loro affini.

Ora, nessuno vuol vedere in galera vecchi e malati. Ma veder riconosciuto un diritto alla giustizia, questo sì. Alla giustizia e alla verità. E qua veniamo al caso più spinoso che si presenterà nei prossimi giorni.

Fra gli estradati c’è Giorgio Pietrostefani, uno dei quattro ex militanti di Lotta Continua condannati per l’omicidio (17 maggio 1972) del commissario di polizia Luigi Calabresi. Nel luglio del 1988 fu uno del quartetto, Leonardo Marino, a presentarsi ai carabinieri e confessare l’omicidio. Gli altri tre imputati – Giorgio Pietrostefani appunto, poi Adriano Sofri e Ovidio Bompressi – si sono sempre detti innocenti. Dopo infiniti processi (compreso uno di revisione) i giudici hanno stabilito la colpevolezza degli imputati, ma su quella vicenda l’Italia è ancora divisa. Due anni fa Mario Calabresi, il figlio del commissario, andò a Parigi a trovare Pietrostefani il quale, vecchio e gravemente malato, gli aveva chiesto di parlargli. Mario ha raccontato il colloquio nel suo libro “La mattina dopo”, mantenendo l’impegno preso con Pietrostefani, cioè di non rivelarne il contenuto. Ecco, dopo gli arresti di ieri, l’Italia ha ancor più diritto a conoscere la verità, almeno sull’omicidio Calabresi.