Martedì 23 Aprile 2024

La verità sul caso Orlandi Sì alla commissione d’inchiesta Il giallo della trattativa col Vaticano

La soddisfazione del fratello: "Crollata la sudditanza psicologica". Indagini anche sulla Gregori. Rispunta la pista di una negoziazione tra Santa Sede e pm per la restituzione della salma di Emanuela

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di Nina Fabrizio

Parte a ritmo spedito la commissione bicamerale di inchiesta sul ’rapimento’ di Emanuela Orlandi. Ieri l’approvazione dell’emendamento che inserisce nell’investigazione parlamentare anche quello di Mirella Gregori. Oggi il via libera in Commissione affari costituzionali. "Se tutto fila liscio il 20 marzo ci sarà il voto dell’aula – dice a Qn Pietro Orlandi, fratello di Emanuela – e così, col passaggio poi al Senato, già a fine aprile si potrebbe cominciare. Il 20 sarò lì per guardarli negli occhi, me lo hanno promesso".

Sì perché in questi due mesi e mezzo febbrili di incontri, strette di mano, perorazioni anche nei Palazzi romani della ‘causa’ di Emanuela, di rassicurazioni Orlandi ne ha strappate parecchie. "Mi aspettavo che ci volesse chissà quanto – spiega –. E invece uno dopo l’altro ho avuto incontri praticamente con tutti, La Russa, il presidente Fontana, il sottosegretario Mantovano, e tutti mi hanno detto di voler andare fino in fondo, come se finalmente fosse finita una sudditanza psicologica. Fontana mi ha detto ‘cattolico sì, ma mica proteggo il Vaticano’. O lo stesso sottosegretario Mantovano che ci ha tenuto a ricordarmi che siamo uno Stato laico e non possiamo accettare questo silenzio dopo 40 anni. Io nemmeno ci speravo che lo stesso governo ci mettesse bocca".

Tra l’altro, nel colloquio, si è parlato anche del fatto che Mantovano ha la delega ai Servizi segreti. Potrà la commissione fare finalmente luce sui tanti punti oscuri di un caso divenuto, nella percezione dell’opinione pubblica italiana, il più grande mistero d’Italia? Dalla famosa musicassetta al presunto coinvolgimento della Banda della Magliana. Persino il collegamento tra la sparizione di Emanuela e quella di Mirella non è certo un fatto.

"Sono sicuro - aggiunge Orlandi – che uno dei primi che sentiranno è il magistrato che si è occupato dell’inchiesta romana, Giancarlo Capaldo e, quando usciranno pubblicamente le sue deposizioni sulla presunta trattativa per la restituzione del corpo di Emanuela, il Vaticano non potrà rimanere indifferente". Il riferimento è all’incontro che Capaldo ebbe con alcuni funzionari vaticani per discutere l’apertura della tomba del boss Renatino De Pedis nella basilica di Sant’Apollinare.

Una segnalazione a ’Chi l’ha visto’ sosteneva che i resti di Emanuela fossero lì. La procura volle battere quella pista e aprire la tomba che si trovava in una zona ritenuta extraterritoriale. In realtà, spiegano fonti vaticane, non era proprio extraterritoriale, correttamente si trattava di una struttura "esente da tributi". L’autorità giudiziaria romana aveva il pieno diritto di fare rilievi ma la cosa non era del tutto chiara giuridicamente. In caso contrario infatti, secondo il Concordato il magistrato avrebbe dovuto comunicare all’autorità ecclesiastica, cioè al vescovo, e nel caso di Roma quindi al Papa, l’attività cui voleva procedere. "L’incontro ci fu solo per chiarire questi aspetti di procedura – chiariscono fonti vaticane –. Non ci fu nessuna trattativa". Chissà che non sia proprio la Commissione a sciogliere almeno questa delle mille ombre.