Sabato 20 Aprile 2024

"La vera sfida per non sparire? Trasmettere Dio nelle famiglie"

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Più che affidarsi ai dati statistici l’arcivescovo Bruno Forte (foto) preferisce fare i conti direttamente con la realtà concreta dello svuotamento delle chiese e del distacco dai sacramenti per scovare il nervo scoperto che favorisce la crescita dell’ateismo in Italia. "Mi sembra che si vada indebolendo in diversi credenti la volontà di testimoniare e trasmettere la fede – scandisce l’ordinario di Chieti, una delle menti teologiche più acute del nostro episcopato –. È qui, nell’annuncio del Vangelo che si gioca la sfida principale per la Chiesa".

Monsignor Forte, è scettico sul fatto che gli atei siano raddoppiati nell’ultimo quarto di secolo?

"La realtà è più sfumata delle classificazioni sociologiche. Se per ateo intendiamo chi non conosce nel suo cuore alcuna inquietudine su Dio e il senso ultimo della vita, nessuno penso possa dirsi tale. Piuttosto c’è chi si sforza di non credere, perché lo ritiene un modo di rinunciare alla sua autonomia. Tuttavia, la fede, anche per i cristiani autentici, è una lotta col Signore. Le due categorie sono più affratellate di quanto si pensi, solo che i credenti a un certo punto si affidano al mistero divino".

Va da sé, però, che il contesto religioso si è modificato.

"Questo è fuori di dubbio. Lo dimostra la frequenza costante alla messa domenicale che è scesa dal 70% della fine degli anni ’60 al 10%, forse ancor meno nelle grandi città, di oggi".

Con quali ripercussioni?

"Questa disaffezione naturalmente incide sui giovani. Loro la fede la ricevono dalla testimonianza di chi li ama".

La lotta all’ateismo si gioca nella trasmissione del sentire religioso?

"Dobbiamo tornare a investire le famiglie della grande responsabilità di seminare la fede tra le nuove generazioni. Ancor più in un contesto che distrae da Dio".

Che cosa risponde a chi accusa la Chiesa di favorire l’ateismo in quanto, a partire dal Papa, non saprebbe più dire il sacro, ma solo temi sociali?

"È una battuta che sento di frequente. Eppure Francesco richiama sempre la figura di Gesù e l’importanza del credere. Poi traduce tutto in un messaggio di giustizia e carità. Ma questa è la lezione del Vaticano II a cui tanti stentano ad abituarsi".

Giovanni Panettiere