Mercoledì 24 Aprile 2024

La tecnologia non può limitare la dignità umana

Giuseppe

Catozzella

Come in un romanzo di Philip K. Dick, i rider terribilmente mostrano ciò che per gli analisti sarà il lavoro una volta ultimata la fase di robotizzazione, se nessuna tutela verrà imposta alla dignità dell’impiego umano. Tutte le occupazioni soppiantabili dalle macchine (anche alcune forse non sospettabili: il medico, l’avvocato, per esempio) verranno soppiantate. Oggi l’elemento umano è ancora presente, anche se spesso come comparsa, come scarto, intralcio al profitto. Paga a cottimo (nonostante alcuni tribunali si siano espressi al contrario), tariffa a consegna da sfruttamento, nessun inquadramento contrattuale, niente tutela assicurativa. Otto giorni fa a Firenze è morto investito Sebastian Galassi, 26 anni, mentre consegnava una cena. Poco prima di lui William De Rose, 31 anni; Roman Emiliano Zapata, 48 anni; Giuseppe Cannavacciuolo, 47 anni. Chissà quanti altri.

Le cifre reali non sono facilmente reperibili, le fonti sono discontinue. In mezzo c’è stata la pandemia, il numero di consegne aumentato esponenzialmente e chissà quanto quello degli incidenti. Il giorno dopo la morte di Sebastian il sistema automatico di Glovo (società per la quale lavorava) gli sospende l’account: "È stato disattivato per mancato rispetto dei Termini e condizioni". L’azienda risponde che "nessun algoritmo impone di correre". Non lo imporrà l’algoritmo, ma l’esigua tariffa a consegna sì. Della dignità della persona e del lavoro non c’è più traccia. È quindi esattamente uno dei campi che la politica deve regolamentare. Dal momento che la tecnologia vince poiché allevia da fatiche ma insieme alleggerisce il cuore: è a una app che abbiamo appaltato la responsabilità di un lavoro che altrimenti chiameremmo caporalato.