"La task force è un esproprio della politica"

Il costituzionalista boccia la cabina di regia: "Stravolti gli assetti istituzionali, bastava usare le strutture dell’amministrazione statale"

Sabino Cassese, 85 anni, è giudice emerito della Corte Costituzionale (Ansa)

Sabino Cassese, 85 anni, è giudice emerito della Corte Costituzionale (Ansa)

Che cosa non la convince nella cabina di regia di Giuseppe Conte per la gestione del Recovery Fund?

"Sono molte le osservazioni critiche che possono farsi – esordisce Sabino Cassese, giurista principe del diritto amministrativo e costituzionale italiano –. Invece di agire dall’interno dell’amministrazione statale, con innesti esterni, si è preferito abbandonare le strutture esistenti e costruire una piramide esterna che, a certe condizioni, può valersi anche della pubblica amministrazione. Era disponibile la struttura del Cipe, ma non viene utilizzata. Insomma, si doveva procedere nella direzione contraria. Ma non basta".

Nel senso?

"Quanto tempo sarà necessario per mettere in piedi una piramide organizzativa così complessa? Questa non susciterà reazioni della pubblica amministrazione, degli organi ordinari dello Stato, i quali non assicureranno la loro collaborazione? Terza osservazione critica: il presidente del consiglio dei ministri dirige la politica del governo, e il governo è organo dello Stato. Ma può il presidente del consiglio dirigere qualcosa che finirà per essere fuori dello Stato?".

Una soluzione di questo tipo non è un esproprio delle funzioni dei ministri e, dunque, della politica?

"Certamente: molte funzioni sono portate fuori della struttura statale. Ma da questo punto di vista si è mancato di coraggio. Se si voleva andare fino in fondo, ma rispettando le tradizioni del nostro pluralismo amministrativo, bisognava fare una scelta come quella di Alcide De Gasperi che, nel 1950, per lo sviluppo del Mezzogiorno adottò la formula della Cassa per il mezzogiorno. Anche quella aveva il compito di svolgere funzioni straordinarie".

Si invoca la capacità di spendere come motivazione della scelta. Ha fondamento?

"Per decidere e spendere sollecitamente non bisogna adottare deroghe, ma modificare le norme esistenti, in modo che tutti possano procedere speditamente. Invece, si procede mediante deroghe che si scontreranno inesorabilmente con l’amministrazione ordinaria, gli organi di controllo, gli stessi organi politici".

Non è la prima volta che in questi mesi assistiamo a un tentativo di accentramento dei poteri in capo al presidente del Consiglio.

"C’è un’indubbia tendenza di Palazzo Chigi all’accentramento. Basta vedere come è stata gestita la fase preparatoria della redazione del Piano nazionale di ripresa e di risoluzione. Questo atteggiamento è motivato da profonda sfiducia rispetto all’amministrazione ordinaria, rispetto alla propria capacità di governarla, ma anche da sfiducia nei confronti delle forze politiche".

Negli altri Paesi europei la pandemia non ha prodotto stravolgimenti degli assetti istituzionali?

"In generale, la risposta alla pandemia corrisponde alle culture e agli stili amministrativi tradizionali di ciascun Paese. La Francia ha persino modificato la definizione di un ministero in funzione del piano di ripresa. La Germania ha avuto fiducia nei Laender. In Italia soltanto non si seguono le tradizioni amministrative innovative: ad esempio, Ina, Crediop e Icipu, Iri, Cassa per il Mezzogiorno. Molte di queste istituzioni avevano carattere straordinario, e servivano a realizzare l’obiettivo di Francesco Saverio Nitti riassunto nella frase “pochi e ben pagati”".

Ma come è strutturata, invece, la governance proposta?

"Vale la pena fare il confronto. La struttura che si intende costruire è certamente complessa e barocca perché prevede una Troika ministeriale, l’esistente Comitato interministeriale per gli affari europei, un ministro di raccordo con l’Unione europea, una struttura di missione, sei responsabili di missione, una conferenza dei responsabili di missione, un direttore amministrativo, un coordinatore, personale fuori ruolo o comandato dalla pubblica amministrazione, dalle società partecipate o da organismi esterni, soggetti attuatori (la pubblica amministrazione o altri soggetti) e la Corte dei conti controllore di gestione, un Comitato dei responsabili sociali, con rappresentanza delle categorie produttive, dell’Università e della società civile".

Un groviglio pazzesco.

"E non è finita. È importante ricordare che i responsabili di missione avrebbero compiti di impulso, coordinamento, vigilanza, sostituzione, con poteri di ordinanza e che rispetto a questa complessa struttura i ministeri sono esterni, ma possono attivare “tavoli di confronto” con i responsabili di missione".