Giovedì 18 Aprile 2024

La task force per gli aiuti Ue spacca il governo E domani voto thriller sulla riforma del Mes

Italia Viva e parte del Pd si impuntano: la gestione del Recovery non va affidata ai tecnici. La ministra Lamorgese positiva al Covid: decisione rinviata

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di Antonella Coppari

Non era necessaria la positività al Covid della ministra Luciana Lamorgese per paralizzare il governo, costringendo tra l’altro all’isolamento fiduciario i suoi vicini di banco a Palazzo Chigi, Bonafede e Di Maio. Ci aveva già pensato la renziana Teresa Bellanova: "Presidente, le carte ce l’hai mandate solo stamani alle 2. Ma anche da un’occhiata veloce non mi risulta che la Costituzione dia il potere al premier di esautorare i ministri, con una struttura opaca come quella proposta per gestire i fondi europei". Più che una riunione di governo sul Recovery fund, una telenovela: fissata per le 9, inizia con ben quattro ore di ritardo proprio in seguito alla rivolta contro il modello di governance, ovvero la cabina di regia (al vertice Conte, Gualtieri, Patuanelli, sotto 6 tecnici e poi decine di consulenti) di Italia viva, che nella notte aveva abbandonato il vertice di maggioranza per protesta.

Non basta la promessa di concedere la nomina di vari capi area a Iv: senza cambiamenti, la bozza voluta dal premier passerà comunque sotto forma di decreto con il voto contrario dei ministri Iv nel consiglio riconvocato oggi per approvare il Piano di ripresa e resilienza da portare a Bruxelles, o al più tardi, come preferirebbe Conte, domani sera. Un ’no’ non troppo doloroso in quella che resterebbe una messa in scena, studiata dal Pd per non mettere in evidenza il fatto che stavolta i democratici sono nella sostanza d’accordo con le critiche di Renzi.

Nel progetto di Conte, la cabina di regia avrebbe dovuto essere inserita come emendamento alla legge di bilancio in modo da essere approvata a colpo sicuro e senza modifiche in pochi giorni. Cotta e mangiata. A gelarlo è la ministra Bellanova: "In questo caso, siamo pronti a votare contro la manovra. Questa formula esautora non solo i ministri ma anche le regioni e la pubblica amministrazione".

Nasce da qui la mediazione del Nazareno per chiudere sul decreto, che lascia tutto il tempo necessario per rivedere il progetto in gennaio. A quel punto le posizioni di Zingaretti non saranno molto distanti da quelli di Renzi. Senza quell’emendamento, la legge di bilancio dovrebbe passare senza grandi difficoltà. E anche lo scoglio del voto sul Mes domani al Senato (i renziani, malgrado non abbiano firmato ancora la risoluzione "perché non approviamo testi al buio" dicono che voteranno sì) sembra aggirato, al punto che i giallorossi non disperano di raggiungere la maggioranza assoluta pure senza l’apporto di una decina tra dissidenti forzisti e ex forzisti, sufficienti a compensare le defezioni dei 5Stelle, che non dovrebbero andare oltre la metà dei 14 senatori firmatari della lettera contro la riforma del Mes. Basterebbe la maggioranza relativa, ma superare la barriera dei 161 voti senza aiutini dell’opposizione avrebbe un evidente significato politico.

Nonostante le tensioni di questi giorni, insomma, il governo arriverà indenne a gennaio: i problemi si porranno allora. A quel punto bisognerà arrivare a un accordo vero sulla gestione del Recovery; ma in realtà non si tratta più di questo o quel singolo nodo: in ballo ci sono gli equilibri e la natura del governo, la sua composizione forse anche la sua guida. Iv non nasconde più di mirare alla crisi e alla sostituzione dell’esecutivo; il Pd spera ancora in un "cambio di passo radicale" del premier. "Facciamo un patto di legislatura e capiamo se c’è una squadra adeguata", sottolinea Orlando. Il Quirinale, che pure garantisce a Conte un sostegno prezioso, ritiene indispensabile un chiarimento tra il premier e la sua maggioranza. Fuor di metafora, significa la fine dell’accentramento totale dei poteri che sin qui Conte ha mantenuto. Un rimpasto tanto profondo da circoscrivere il ruolo e i poteri del capo del governo. Senza un passaggio di questa portata i rischi di crisi si moltiplicherebbero; il Colle conferma che, se si arrivasse a un crisi al buio all’inizio del 2021, non esiterebbe a sciogliere le Camere in tempi brevissimi. Se però Renzi, Zingaretti e Di Maio raggiungessero l’accordo su una diversa composizione dell’esecutivo e persino su un cambio della guardia a Palazzo Chigi Mattarella non opporrebbe ostacoli. Su questa partita delicata che si giocherà il prossimo mese incideranno anche gli esiti del consiglio europeo dei prossimi giorni. Se, permanendo il veto di Ungheria e Polonia, si dovesse passare dall’attuale Recovery a 27 Paesi al modello a 25, cambierebbe l’intera struttura del Next generation Eu con effetti inevitabili anche sugli equilibri italiani.