La talpa che fa tremare Facebook "Non frena l’odio, pensa ai profitti"

L’ex manager: dopo le presidenziali americane meno censura sulle fake news pur di guadagnare. Otto denunce e documenti passati al Wall Street Journal. La società di Zuckerberg nega, ma crolla in Borsa

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di Giampaolo Pioli

La "talpa bionda" esce allo scoperto e Facebook torna a tremare. Frances Haugen, l’ingegnere informatico di 37 anni che ha accusato il colosso dei social di aver ridotto la censura sull’odio e le fake news pur di aumentare i profitti, passando documenti interni al Wall Street Journal e consentendo al giornale una serie di scoop, domenica sera è stata ospite del più autorevole programma d’inchiesta televisivo americano, "60 Minutes", della Cbs per metterci la faccia. Haugen, assunta per guidare il team sull’integrità civica poi chiuso al termine delle elezioni presidenziali, ha spiegato che ambiente ha trovato, a suo dire, all’interno di Facebook, dove lei ha lavorato tra il 2019 e i primi mesi del 2020, e ha raccontato perché se ne è andata.

"A un certo punto dopo le elezioni del 2020 – ha detto la 37enne – ho visto ripetutamente conflitti di interesse fra quello che era buono per il pubblico e quello che era buono per Facebook, e Facebook ogni volta ha scelto quello che era meglio per lei e i suoi profitti". Il colosso di Mark Zuckerberg, magnate 37enne, che aveva già perso la verginità nel 2016 con lo scandalo di Cambridge Analytica la società inglese di "Global Election Management" che di fatto era entrata in possesso pagandoli profumatamente dei dati sensibili degli utenti del social, stando alle accuse di Haugen non avrebbe perso il vizietto. Anzi – in base ad almeno otto denunce presentate dalla ex product manager alla Securities and Exchange Commission e alle rivelazioni passate al Wall Street Journal, Facebook avrebbe deliberatamente lasciato nel sistema anche materiale di disinformazione e di odio perché portava vantaggi e denaro. "Di fatto – ha raccontato l’ingegnere informatico – non avrebbe messo alcun freno quando affioravano pericolose anomalie totalmente contrarie alla verità e i siti si imbottivano di contenuti dannosi, ma per questo più attraenti per i contatti e soprattutto redditizi".

La denuncia di Haugen è semplice e spietata. Confermerebbe che i dirigenti delle piattaforma sapevano di trasmettere notizie di odio e violenza, ma invece di intercettarle lasciavano correre. Il titolo Facebook ieri, a poche ore dalle scottanti rivelazioni, è arrivato a perdere anche il 5% in Borsa trascinando al ribasso tutti i tecnologici. Con le spalle al muro gli avvocati di Zuckerberg hanno riposto a questo tsunami con una lettera che dice: "Ogni giorno i nostri team devono trovare un equilibrio tra garantire la libertà di espressione di miliardi di persone e mantenere la nostra piattaforma un luogo sicuro e positivo. Continuiamo ad apportare miglioramenti significativi per contrastare la diffusione della disinformazione e dei contenuti dannosi. Affermare che incoraggiamo la diffusione di questi contenuti e non prendiamo provvedimenti è semplicemente falso". Oggi, però, la "talpa bionda" è attesa anche in Senato per testimoniare e la bufera su Facebook rischia di diventare tempesta.