Venerdì 19 Aprile 2024

La svolta Draghi Non sarà lui a piegarsi

Raffaele

Marmo

Questa volta non c’è salvezza senza pegno. Mario Draghi non farà sconti ai leader dei partiti e li richiamerà a due doveri basilari per andare avanti: serietà e affidabilità. E alla fine i capi dei partiti dovranno accettare toni e contenuti ultimativi del premier se vorranno che l’ex numero uno della Bce resti a Palazzo Chigi. Ma, nel bere il più o meno amaro calice, non tutti saranno uguali: qualcuno, più di altri, se vorrà tornare indietro dovrà rimangiarsi quello che ha fatto e ha detto e questo qualcuno è innanzitutto Giuseppe Conte. Ma non c’è solo lui. Quando, tra qualche anno, si racconterà la crisi dell’estate 2022 sarà ancora più evidente di oggi che si sarà trattato di un cambio di paradigma nello stesso modo di affrontare e gestire questi passaggi. E il cambio lo avrà impresso Draghi. Perché, a differenza di altre crisi, in questo caso non gli sono venuti meno i numeri in Parlamento: gli è venuta a mancare, da parte dei vertici dei partiti, la prova dell’assunzione della necessaria e consapevole responsabilità del drammatico tornante della storia che stiamo attraversando. Ed è a questo vulnus prolungato che ha reagito nel solo modo, serio, che conosce: prendendo cappello. Ed è su questo che insisterà oggi, con l’obiettivo di verificare nelle aule parlamentari se la politica è in grado di avere un sussulto di dignità, prendendo l’impegno a non piantare bandiere elettorali e frapporre veti strumentali all’azione del governo. Anzi, ad accettare l’Agenda che il premier indicherà per i mesi finali della legislatura. Dunque, per capirci, siamo di fronte a un’inversione della prospettiva classica delle crisi. Non è il premier che deve convincere i partiti a continuare a starci, ma il contrario. E per farlo non basteranno gli arzigogoli dialettici: e questo vale per Conte in primis. Ma anche per Matteo Salvini. Perché, questa volta, non c’è salvezza senza pegno. Altrimenti ognuno per la sua strada.