di Ettore Maria Colombo Legge elettorale. Riforme istituzionali. Rapporto tra libertà e sicurezza durante la pandemia. Ruolo dell’Europa nella crisi ucraina. Tranne che per la comune collocazione, fortemente atlantista, la notizia, stavolta, è che Enrico Letta e Giorgia Meloni non sono d’accordo. Su nulla, o quasi. I "Sandra e Raimondo" (copyright Giorgia Meloni) della politica italiana, nel senso della mitica coppia tv Vianello-Mondaini che fingevano di litigare ma erano legati da amore eterno e indissolubile, stavolta bisticciano. E sembra un litigio vero. Il divorzio, per chi ci crede, o quanto meno la separazione consensuale, si materializza in una austera sala del Senato, dove la Fondazione Fare Futuro presenta una ricerca sui rischi della democrazia. Sembra una delle – ormai tante – ‘duettate’ (presentazioni di libri, convegni, talk show) in cui si deve assistere a un copione collaudato: "come giustamente ha detto Giorgia", "come acutamente nota Enrico", e via così. Invece, stavolta, lo script è tutt’altro. Certo, i toni sono cortesi, affettati. "Enrico non me ne voglia se dico che…" (Giorgia). "Temo si stia per rompere l’idillio…" (Enrico). Ma quello che conta è la sostanza. Magari è lo strascico delle elezioni per il Colle (entrambi puntavano a spedire Draghi al Quirinale e non ci sono riusciti), magari sono le amministrative che si avvicinano, magari è solo il tentativo di ricompattare i propri. Restano le parole, pesanti. E pure le posture. Letta arriva per primo, da solo. Meloni dopo, con tutto lo staff. Letta ascolta benevolo il prof francese (che, ovviamente, conosce) che si dilunga a illustrare la ricerca, Meloni scalpita perché si prende troppo tempo. I due non si guardano, appena si salutano, scappano via senza conversare, manco un sorriso. Incalzati dalle domande del direttore di Rainews, Paolo Petrecca, Letta va di fioretto, Meloni di sciabola. Sul Covid il segretario del Pd ...
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