Giovedì 18 Aprile 2024

La ‘strana coppia’ è scoppiata Letta e Meloni litigano su tutto

L’una attacca sulla legge elettorale: "Serve il maggioritario". L’altro incalza su Orban e la politica estera

di Ettore Maria Colombo

Legge elettorale. Riforme istituzionali. Rapporto tra libertà e sicurezza durante la pandemia. Ruolo dell’Europa nella crisi ucraina. Tranne che per la comune collocazione, fortemente atlantista, la notizia, stavolta, è che Enrico Letta e Giorgia Meloni non sono d’accordo. Su nulla, o quasi. I "Sandra e Raimondo" (copyright Giorgia Meloni) della politica italiana, nel senso della mitica coppia tv Vianello-Mondaini che fingevano di litigare ma erano legati da amore eterno e indissolubile, stavolta bisticciano. E sembra un litigio vero. Il divorzio, per chi ci crede, o quanto meno la separazione consensuale, si materializza in una austera sala del Senato, dove la Fondazione Fare Futuro presenta una ricerca sui rischi della democrazia.

Sembra una delle – ormai tante – ‘duettate’ (presentazioni di libri, convegni, talk show) in cui si deve assistere a un copione collaudato: "come giustamente ha detto Giorgia", "come acutamente nota Enrico", e via così. Invece, stavolta, lo script è tutt’altro. Certo, i toni sono cortesi, affettati. "Enrico non me ne voglia se dico che…" (Giorgia). "Temo si stia per rompere l’idillio…" (Enrico). Ma quello che conta è la sostanza. Magari è lo strascico delle elezioni per il Colle (entrambi puntavano a spedire Draghi al Quirinale e non ci sono riusciti), magari sono le amministrative che si avvicinano, magari è solo il tentativo di ricompattare i propri. Restano le parole, pesanti. E pure le posture.

Letta arriva per primo, da solo.

Meloni dopo, con tutto lo staff. Letta ascolta benevolo il prof francese (che, ovviamente, conosce) che si dilunga a illustrare la ricerca, Meloni scalpita perché si prende troppo tempo. I due non si guardano, appena si salutano, scappano via senza conversare, manco un sorriso. Incalzati dalle domande del direttore di Rainews, Paolo Petrecca, Letta va di fioretto, Meloni di sciabola. Sul Covid il segretario del Pd attacca: "Per la Meloni certe scelte, di sicurezza e libertà, andavano sempre fatte dopo, per noi prima. Abbiamo avuto approcci diversi".

Giorgia lo guarda stranita, rotea gli occhi, affila i denti: "Le scelte del lockdown hanno compresso le libertà. Cosa te ne fai della sicurezza, se non sei libero?". Poi passa all’attacco su riforme e legge elettorale: "Zingaretti e molti del Pd vogliono la proporzionale. Invece ci vuole il maggioritario: alleanze, programmi e maggioranze vanno scelte prima, non tradendo i patti stretti con gli italiani. Cosa ha dire Letta?". Letta, sul punto, svicola: "Io voglio combattere il trasformismo parlamentare, i cambi di casacca, l’abnormità del gruppo Misto. Ci stai?". La Meloni rilancia il presidenzialismo, che è come rispondere ‘porto pesci’ alla domanda evangelica ‘dove vai?’.

Letta attacca Orban, la Ue che decide all’unanimità, chiede che sulle scelte cruciali voti a maggioranza, senza poteri di veto, propugna una Difesa comune Ue. Meloni sbuffa, ma sulla scelta atlantista e occidentale rivendica la continuità storica tra "Msi, An e le tesi di FdI". Per Letta le scelte di politica estera "prescindono dai sondaggi e dalla volubilità delle opinioni". Poi se ne va e alle tv dice: "Io mi confronterei anche con Salvini e Berlusconi, se accettassero". Meloni è già andata via. La coppia è scoppiata?