Martedì 23 Aprile 2024

La strage di Erba Il pg vuole riaprire il caso "Olindo e Rosa innocenti Le confessioni? False"

La coppia condannata in via definitiva all’ergastolo per la mattanza del 2006. Nella richiesta di revisione il sostituto Tarfusser rilancia la pista della droga. "Nuove prove sgretolano la sentenza. Evidenze fin dal primo grado di giudizio". .

La strage di Erba   Il pg vuole riaprire il caso  "Olindo e Rosa innocenti  Le confessioni? False"

La strage di Erba Il pg vuole riaprire il caso "Olindo e Rosa innocenti Le confessioni? False"

di Anna Giorgi

ERBA (Como)

"Ci sono prove evidenti della loro innocenza fin dal primo grado di giudizio".

Ne è convinto il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser che torna insistentemente a chiedere la revisione del processo per Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, in cui sono morti Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di 2 anni, la nonna del piccolo Paola Galli e una vicina di casa, Valeria Cherubini.

E lo fa – dice – "per amore di verità e giustizia e per l’insopportabilità del pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo".

Riavvolgiamo il nastro di questa vicenda processuale che ha avuto un “nuovo inizio“ tre giorni fa.

Il pg Tarfusser ha trasmesso al procuratore generale Francesca Nanni e all’avvocato generale dello Stato, Lucilla Tontodonati, una prima relazione informale di venti pagine, in cui spiegava quali sono le "nuove schiaccianti prove per una rilettura dei fatti avvenuti la sera dell’11 dicembre 2006". Valutazioni che porterebbero a una pista alternativa, cioè quella della droga, e quindi a una indubbia necessità di revisione del processo, anche alla luce delle "false confessioni" di Olindo e Rosa.

Nella richiesta di revisione, ha precisato il pg in una nota, non si occuperà in alcun modo "delle altre, tanto numerose quanto inquietano questioni, domande problematiche, azioni ed omissioni di cui questa indagine è costellata che, laddove non del tutto ignorate, non sono mai state approfondite come avrebbero dovuto essere". Il riferimento è, a mero titolo di esempio, "al mancato perseguimento anche di altre piste investigative: alle mai spiegate lacune di giorni, nelle intercettazioni sia ambientali che telefoniche; al mancato esame di possibili testi oculari, alla distruzione di reperti in violazione di un ordine mantenimento".

Tarfusser si rivolge, quindi, direttamente alla Corte d’Appello di Brescia, titolata a esprimersi sulla questione e scrive: "La corte d’appello voglia procedere a una nuova istruzione dibattimentale con l’esame dei 57 periti che hanno sottoscritto le consulenze tecniche sui risultati cui sono giunti, e voglia disporre altri accertamenti ritenuti utili ai fini didecidere secondo verità e giustizia". La richiesta di revisione sulla strage di Erba proposta dal pg è legata giuridicamente a due delle quattro ipotesi previste dall’articolo 630 del codice di procedura penale: "La scoperta di nuove prove successivamente alla condanna", tali da dimostrare che i condannati debbano essere prosciolti e quella, in parte discendente delle "nuove prove", ovvero la dimostrazione che la condanna venne pronunciata "in conseguenza anche di falsità in atti o in giudizio". In particolare, la macchia di sangue della vittima Valeria Cherubini che sarebbe stata trovata sul battitacco dell’auto di Olindo Romano non sarebbe - stando al pg che si basa sulle relazioni depositate dai legali dei Romano (Fabio Schembri, Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola) - una prova regina della colpevolezza di Olindo e Rosa, ma, al contrario, la prova regina della loro innocenza.

Le dichiarazioni di Tarfusser, nei giorni scorsi, hanno creato un certo disappunto in procura generale, spettarà infatti alla Nanni e alla Tontodonati e non al sostituto procuratore generale, (lo hanno fatto notare le due magistrate milanesi) valutare le nuove prove e decidere se trasmettere o no la richiesta di riaprire il caso alla Corte d’Appello di Brescia. I fratelli Beppe e Pietro Castagna su Facebook scrivono: "Abbiamo vissuto anni di processi, visto decine di periti, ascoltato centinaia di ore di dibattiti, siamo stati davanti a una corte di primo grado a Como, di secondo grado a Milano, una Cassazione a Roma, tre gradi di giudizio davanti a 26 giudici. Speravamo fosse finita, ma ci risiamo".