Mercoledì 24 Aprile 2024

La strage dei bisonti (e degli indiani) L’America fa i conti coi suoi fantasmi

I "bufali" venivano sterminati per indebolire i nativi. Nel 1884 ne erano rimasti appena 400 esemplari. Oggi sono troppi e minacciano le altre specie, così a Yellowstone è stato dato l’ordine di abbatterli

di Cesare De Carlo

E ricordate – disse il maggior generale Phillip Sheridan – che "ogni bufalo morto è un indiano morto". Bufalo sta per bisonte nell’accezione americana e per tatanka in lingua Sioux. Era il 1867. Eppure a Fort Laramie (Wyoming) il governo americano stava per firmare un secondo trattato di pace con i capi delle tribù Sioux (Lakota, Dakota, Nakota) e Arapaho. Nasceva la Grande Riserva a ovest del fiume Missouri. Le Black Hills, le montagne nere del Grande Spirito, diventavano loro "esclusivo territorio". Esclusivo sulla carta, perché due anni dopo vi arrivarono i cercatori d’oro. Ma la previsione più importante riguardava la caccia ai bisonti. Animali quasi sacri, proiezione terrestre della vita dell’aldilà perché essenziali alla sopravvivenza nell’al di qua. In quelle immense praterie, rese famose da tanti film western ma da uno in particolare, il capolavoro di Kevin Costner Balla coi Lupi, ce n’erano milioni, non meno di 20 secondo calcoli prudenti.

Ebbene nel 1884 ne erano rimasti 400. Sì, avete letto bene, 400, e solo nella regione dello Yellowstone. Estinti di fatto. Oggi invece ce ne sono di nuovo quasi 6 mila, che diventano circa mezzo milione nel resto degli Stati Uniti. Il motivo: nel 1894 il Congresso riuscì a far approvare dal presidente Grover Cleveland la legge che il predecessore Ulysses S. Grant aveva rifiutato. Nello Yellowstone non si poteva più sparare ai bisonti, i quali da allora si sono riprodotti al ritmo del 15-17 per cento all’anno. E oggi sono troppi. Rischiano di passare le malattie, la brucellosi in primo luogo, agli allevamenti domestici. Così il governo del Montana, d’accordo con le tribù, ha deciso di riaprire la caccia. Se ne potranno abbattere subito circa 900. E forse di più. Avverte il biologo Chris Geremia su Usa Today: già la prossima primavera torneremo ai livelli attuali.

Chi l’avrebbe immaginato? L’uomo bianco ci aveva messo solo diciassette anni a farli sparire. Consapevolmente. Bufali voleva dire indiani. E appunto gli indiani erano l’obiettivo finale di un genocidio perseguito da Grant, il generale della vittoria nella guerra civile. Grant era diventato presidente nel 1869 e subito, una volta conquistato il sud confederato, si dedicò alla conquista del West. Al suo fianco aveva voluto due colleghi che negli annali militari sarebbero stati ricordati come quelli della terra bruciata. Mi riferisco ai generali Phillip Sheridan e Tecumseh Sherman. Per piegare la resistenza dei confederati, largamente inferiori per numero e per mezzi, Sheridan e Sherman non si erano accontentati di batterli sul campo. Avevano raso al suolo le loro città, quelle coloniali di Rossella O’hara e Rhett Butler nell’indimenticabile Via col Vento. Avevano bruciato le plantations, le ville neoclassiche, i magazzini di cotone e di tabacco, macellato il bestiame, distrutto le coltivazioni. Tutto ovviamente in nome dell’antischiavismo. Il presidente Abraham Lincoln, un repubblicano, che pure aveva proclamato l’emancipazione dei neri, fece finta di non vedere. Prioritario era porre fine a una guerra atroce come solo quelle civili lo sono. E la pagò. Il 15 aprile 1865, una settimana dopo la resa del comandante dell’esercito confederato Robert Lee, venne ucciso a teatro. L’assassino era l’attore John Wilkes Booth.

Gli successe Andrew Johnson, un democratico. E poi toccò a Ulysses Grant, un repubblicano. L’uno e l’altro ingannarono le tribù indiane con una serie di trattati sistematicamente disattesi. Volevano aprire l’ovest alle carovane dei pionieri. E a questo fine prioritario sarebbe stato lo sterminio dei bisonti. Gli indiani non sarebbero sopravvissuti. È quello che accadde. Se ne uccidevano migliaia al giorno. Il campione era Bill Cody, alias Buffalo Bill. Era diventato così famoso che per lui allestirono un circo itinerante. Fu anche a Firenze, come testimonia La Nazione. Al suo fianco c’era Toro Seduto, il grande capo, colui che aveva massacrato il settimo reggimento di cavalleria del colonnello Custer a Little Bighorn nel 1876. Per fame si era ridotto a essere la caricatura di se stesso. Fu accoltellato il 15 dicembre 1890 nella Standing Rock Reservation in South Dakota. Fine infame di un guerriero indomito.