La sorveglianza è sempre un’idea pericolosa

Lorenzo

Guadagnucci

Il meno che si possa dire, di fronte all’annuncio di Apple, è che si rischia di aprire un vaso di Pandora. Si comincia con le immagini pedopornografiche – e qui nessuno ha nulla da ridire – ma intanto si crea un precedente, con relativo strumento d’azione (l’algoritmo che cerca, confronta e denuncia le foto) utilizzabile poi per altri obiettivi. Per esempio la persecuzione di avversari politici, o la sorveglianza di individui e gruppi da mettere per qualche motivo sotto pressione. Edward Snowden, l’uomo che nel 2013 svelò il sistema di controllo illegale di massa attuato dal governo degli Stati Uniti, ieri ha messo in guardia con un tweet: "Non importa quanto sia bene intenzionata, @Apple sta estendendo la sorveglianza di massa al mondo intero". Spicca, in questa come in analoghe vicende, la sproporzione di potere fra i giganti dei Big Data e le istituzioni pubbliche chiamate a tutelare le libertà civili e i diritti democratici fondamentali. I primi dispongono di strumenti tecnologici potentissimi e incontrollabili dall’esterno (chi verifica gli algoritmi che usano e come li usano?), governi e parlamenti hanno invece strumenti spuntati e conoscenze limitate. Shoshana Zuboff, nel suo fondamentale libro Il capitalismo della sorveglianza, confidava nella “resistenza civile” dei cittadini. Forse era un eccesso di fiducia. Sarebbe tempo, per le istituzioni pubbliche, di avviare un’operazione di verità e di portare al centro del dibattito la limitazione dello strapotere delle grandi corporation.